Recentemente abbiamo avuto modo di visitare l’Alta Val Pusteria, una delle aree più belle delle Dolomiti, un territorio dichiarato patrimonio mondiale dall’Unesco nel 2009 che ha come corona naturale le tre cime di Lavaredo. Un territorio per il 70% integro e incontaminato grazie alla cura dedicata alla protezione ambientale e alla conservazione dei suoi parchi naturali. Il Parco naturale delle Tre Cime (Dolomiti di Sesto) e il Parco Fanes-Senes-Braies rappresentano una delle principali risorse economiche della regione nel settore del turismo, invernale ed estivo.
Alta Val Pusteria, un territorio integro e incontaminato
Un territorio dove si parla un po’ italiano e un po’ tedesco, dove si pensa un po’ in italiano e un po’ in tedesco – che non è un brutto connubio – mantiene una forte attrattiva verso il turismo nazionale. Il 60-70% dei visitatori dell’Alta Val Pusteria è italiano, e riesce ad offrire un’accoglienza fatta di cortesia ed efficienza, un’efficienza che si fonda principalmente sulla semplicità e sul valore delle tradizioni culturali.
Per chi ama la montagna, le escursioni a piedi o in bicicletta e la pratica dello sport sono alla portata di qualsiasi esigenza e capacità. L’offerta delle strutture turistiche varia dall’escursionismo amatoriale per ogni età, all’attività sportiva fatta a ogni livello e grado di abilità. E i luoghi che si possono visitare sono meravigliosi. Ad arricchire l’offerta si segnala anche una programmazione estiva di eventi culturali di ottimo livello, che prevede appuntamenti come le Settimane Musicali Gustav Mahler, il Festival internazionale degli Artisti di Strada e altre iniziative che compongono un calendario particolarmente ricco.
A tale proposito si consiglia di dare un’occhiata al sito www.altapusteria.info.
Quello che maggiormente sorprende visitando l’Alta Val Pusteria è in primo luogo il rispetto per l’ambiente – qui inteso con la A maiuscola – il messaggio è chiaro: ciò che ci circonda, l’ambiente nel quale viviamo, è la nostra principale e più importante risorsa.
Lo sviluppo di ogni attività umana ed economica ne deve tener conto. L’equilibrio millenario di una natura così forte e imperiosa non deve essere turbato o infranto, ma usato nella giusta misura, producendo tessuto economico nel rispetto del mantenimento e della conservazione dell’esistente.
La cura e la preservazione di due parchi naturali che insieme sviluppano una superfice di circa 380 Km quadrati in un’area con una estensione territoriale di circa 550 Km quadrati ne è un valido esempio.
Parlando con l’albergatore che ci ospita a San Candido a proposito delle Tre Cime, che vedo affacciandomi dalla finestra della mia camera e che in prospettiva mi sembrano così vicine, quando gli chiedo quanto ci vuole per raggiungerle mi dice non meno di mezz’ora in auto per arrivare al rifugio Auronzo poi, a seconda del grado di difficoltà che si vuole affrontare, dalle 2 alle 4 ore camminando. Anche se in linea d’aria sono vicine, da lì non ci sono strade dirette da percorrere in auto: il 60% del territorio circostante è parco naturale e il parco ha dei vincoli che vanno rispettati.
L’Alta Val Pusteria, modello di economia sostenibile
I cinque comuni dell’Alta Val Pusteria Braies-Prags, Dobbiaco-Toblach, San Candido-Innichen Sesto-Sexten e Villabassa-Niederdorf hanno aderito nel 2014 al Patto dei Sindaci dell’Alleanza per il Clima e nel 2015 hanno presentato il proprio Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile congiunto per raggiungere la neutralità climatica della regione dolomitica.
Il Turismo rappresenta ovviamente la principale risorsa economica e produttiva di quest’area, ma l’applicazione di questo modello di compatibilità tra attività economica e rispetto del territorio, creare cioè sviluppo riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente e mantenendo le tipicità locali, inizia a funzionare anche in altri ambiti produttivi. L’agricoltura ad esempio, dove si guarda con attenzione alla valorizzazione della tradizione come elemento d’innovazione nell’ottica di sviluppo di attività produttive sostenibili.
Mi è capitato di visitare alcune aziende tra cui un Maso chiuso, definizione usata per la forma tipica di azienda agricola della regione, un’azienda di una decina di ettari a conduzione familiare dedita alla produzione cerealicola che, nella tradizione della struttura del Maso, lavora e trasforma in proprio la maggior parte di quanto raccolto producendo prodotti tipici: Frumento, Farro, farine di vario tipo, polenta, pane e altri derivati. Anche gli scarti delle lavorazioni sono usati: ad esempio la pula del Farro, lo scarto principale e non commestibile derivato dal trattamento di questo cereale, che all’ultimo piano del mulino del Maso, diventa, mischiato alla lavanda, il riempimento di piccoli cuscini profumati confezionati con disegni tipici e venduti in tutti i negozi di artigianato locale.
O la produzione casearia, realizzata seguendo una filiera incentrata sulla qualità. A partire dalla raccolta del latte fatta attraverso una cooperativa di piccoli allevatori della zona che garantiscono solo latte prodotto da bovini alimentati con fieno ed erbe, possibilmente al pascolo, escludendo quindi i mangimi tipicamente usati negli allevamenti intensivi.
Al di là di ogni aspetto folcloristico o elegiaco, appare evidente che l’intenzione è quella di coniugare la tradizione all’uso delle risorse del territorio per creare economia attraverso processi sostenibili. Questo non significa tornare indietro nel tempo ma, al contrario, far si che anche le attività storicamente definite di sostentamento possano avere un nuovo sviluppo attraverso una più attenta programmazione di produttività sostenibile.
In questo la tradizione locale di una popolazione che è riuscita ad adattarsi senza distruggere, ma preservando, prendendo rispettosamente a prestito e restituendo nella stessa misura, m’induce a pensare che sì, si può raggiungere l’efficienza attraverso la capacità di adattarsi e conformarsi all’ambiente nel quale viviamo nel rispetto di esso. Lontano dalle logiche invasive e predatorie dello sviluppo a tutti i costi realizzato necessariamente attraverso l’uso (abuso) indiscriminato e incontrollato del territorio.