La ricerca scientifica ha analizzato più di 1000 questionari compilati da ballerini di tango non professionisti, analizzando metodologie DSM-IV, criteri di Goodman e autovalutazione. La prima cosa che è saltata agli occhi è che il fattore tempo, ossia da quanto e per quanto tempo si balla, non è affatto determinante per creare una dipendenza. Il 20% dei ballerini intervistati ha comunque dichiarato sintomi fisici di astinenza e un terzo del totale ha ammesso di venire assalito da tristezza e irrequietezza quando non ballava.
Detto ciò, si può certamente classificare questo tipo di risultato come una dipendenza comportamentale, data la somiglianza tra i sintomi da astinenza che essa provoca e quelli forniti da droghe o comportamenti reiterati, come ad esempio il gioco d’azzardo.
Naturalmente la differenza tra una dipendenza di questo tipo e quella che subentra dall’abuso di droga o altro è assolutamente divergente: gli effetti della pratica ludica e ricreativa del tango sono sempre positivi per la salute fisica ed emotiva dell’uomo.
I ricercatori hanno dunque concluso che, seppure il tango possa generare una forma di dipendenza secondo la definizione di linee guida psichiatriche e i suoi che effetti positivi siano indubbiamente maggiori rispetto a quelli negativi, ulteriori ricerche sul meccanismo di creazione della dipendenza sono assolutamente necessarie.