Home Salute e Benessere Uncaria, l’unghia di gatto potente antinfiammatorio

Uncaria, l’unghia di gatto potente antinfiammatorio

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Uncaria un pontente antinfiammatorio

L’Uncaria è chiamata “Unghia di gatto” dagli indigeni del Perù per la sua forma particolare, che richiama appunto l’unghia del gatto ed in relazione alle spine a forma di uncino che servono alla pianta ad agganciarsi agli alberi, favorendone la crescita verso l’alto, in cerca della luce di cui necessita.

Uncaria, una pianta degli indigeni d’America

E’ una pianta tradizionale di molti gruppi indigeni dell’America tropicale. Veniva utilizzata per le infiammazioni (specie reumatiche), artriti, infezioni del tratto urinario e per le ulcere gastriche, per purificare il sangue, per le impurità della pelle, per emorragie e irregolarità mestruale, nei casi di febbre e di asma, come normalizzante del corpo umano nel suo complesso. Nel Piura il decotto della corteccia è considerato anticoncezionale, (De Feo 1992). Considerato un rimedio per i tumori del tratto urinario femminile, per i reumatismi e la cirrosi. I “Boras” lo utilizzano per la gonorrea, mentre i nativi della Colombia e della Guiana per la dissenteria.

L’uncaria è una Liana originaria degli altopiani dell’Amazzonia peruviana. È stata introdotta nella fitoterapia dopo studi che ne avevano dimostrato la capacità di ridurre gli stati infiammatori stimolare le difese immunitarie e svolgere azione antivirale cardioprotettiva. Gli Indios Ashanica dell’Amazzonia peruviana attribuiscono al unCaria il potere di dare la vita. Bevono 1 a 2 tazze le settimanali decotto di radice o corteccia nella convinzione che prevenga le malattie all’eli dolori e prolunghi la vita. Impiegano lunkarya come trattamento per la dissenteria ulcere stati infiammatori infezioni. La tribù degli Ashanica non possiede una lingua scritta dai racconti orali gli etnobotanici e gli antropologi non sono stati in grado di determinare a quando risalga l’uso medicinale di questa Erba. Gli scienziati ritengono che il suo impiego terapeutico abbia una storia pluricentenaria.

Uncaria, un arbusto rampicante dalle mille proprietà

È data dalle radici e dalla corteccia di Uncaria tomentosa
(Fam. Rubiaceae), un arbusto rampicante indigeno della foresta amazzonica e di altre aree tropicali del Sud e del Centro
America [Uncaria, dal latino uncus = ricurvo, uncino,
per le spine a forma di uncino presenti sul tronco;
tomentosa, dal latino tomentum = lana, pelo, per
la peluria che riveste le foglie].

La pianta, denominata dagli spagnoli “uña de gato”, presenta un fusto alto fino a 20 m, a sezione quadrangolare e dotato
di caratteristiche spine uncinate larghe 4-7 cm
e lunghe 9-17 cm, rivolte verso il basso; le foglie,
di colore verde e con margine ondulato e giallastro,
sono ricoperte di peluria,i  fiori sono rossastri.
Nell’uncaria sono presenti alcaloidi, glicosidi
dell’acido chinovico, triterpeni  e tannini. Altri composti biologicamente attivi sono le procianidine, le catechine e gli steroli.

Uncaria, proprietà e benefici

All’uncaria si attribuiscono proprietà antivirali, immunostimolani e soprattutto antiflogistiche. Sembra che l’azione antiflogistica dell’uncaria non coinvolga l’inibizione degli eicosanoidi. Circa i componenti attivi, sembra che i glicosidi dell’acido chinovico siano i principali responsabili di questa azione anche se in molti pensano
che un sinergismo tra questi ed altri composti (alcaloidi, procianidine) amplifichi l’azione antiflogistica dei preparati di uncaria.

Alcuni studi clinici hanno mostrato che l’uncaria migliora i sintomi
dell’artrite reumatoide. È stato anche osservato che
in associazione con sulfasalazina o idrossiclorochina,
riduce il gonfiore ed il dolore delle articolazioni. Il trattamento
con uncaria risulta abbastanza sicuro; raramente si sono manifestati effetti indesiderati, quali diarrea e dispepsia.L’uncaria è stata utilizzata nella medicina popolare per il trattamento delle malattie reumatiche, della diarrea e della gastrite, per accelerare la guarigione delle ferite, per normalizzare il ciclo mestruale e poi come contraccettivo e come coadiuvante del
trattamento antitumorale.

È noto dagli anni settanta il caso di un malato (austriaco) di cancro miracolosamente guarito grazie all’assuzione di uncaria. L’uncaria viene classificata come adattogeno,anche se non esistono studi specifici al riguardo. La letteratura riporta un solo studio randomizzato, effettuato su 40 pazienti con artrite reumatoide; in questo studio è stato riportato che un estratto di U. tomentosa (contenente alcaloidi pentaciclici), somministrato per 24 settimane, riduceva i sintomi della malattia.

Malgrado la sua grande popolarità nelle comunità ispaniche, l’uncaria non viene generalmente considerata priva di rischi. Si ritiene infatti che il suo uso prolungato possa ridurre i livelli plasmatici di estradiolo e di progesterone; il suo
uso è stato inoltre associato ad insufficienza renale acuta. Si ritiene poi che l’uncaria possa provocare occasionalmente diarrea ed ipotensione.

A causa della sua “amarezza”, potrebbe infine causare nausea,
specialmente a dosi elevate. Tuttavia nell’unico studio clinico
effettuato, non sono stati riscontrati effetti collaterali
di rilievo e non sono segnalati in letteratura effetti indesiderati di una certa gravità.

Poiché gli alcaloidi rincofillinici possiedono effetti ipotensivi, l’uncaria potrebbe teoricamente interferire con la terapia antipertensiva.

I CONSIGLI DEL FARMACISTA

Nella determinazione della dose giornaliera bisogna considerare l’esistenza di due chemiotipi di U. tomentosa; uno contenente alcaloidi  ad attività immunostimolante, l’altro contenente soprattutto alcaloidi che antagonizzano gli effetti dei composti immunostimolanti. Si ritiene che un prodotto efficace non debba contenere più dello 0,02% di alcaloidi ossindolici tetraciclici. Sono disponibili diversi estratti commercialidi uncaria.
Tra questi:
1) un estratto contenente l’1,3% di alcaloidi
ossindolici pentaciclici e privi di alcaloidi tetraciclici, confezionato
in capsule da 20 mg. La dose consigliata è di una capsula tre volte
al giorno per i primi dieci giorni e poi una sola capsula al giorno;
2) una frazione a basso peso molecolare ottenuta per estrazione dell’intera pianta, contenente l’8% di carbossialchil esteri (estratto denominato C-Med-100). La dose giornaliera suggerita è di 300 mg, suddivisa in tre somministrazioni.