Un saggio ricchissimo di documentazioni “1948 Gli italiani nell’anno della svolta” (Il Mulino 2018) un libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri che ci racconta in dettaglio un anno basilare della nostra storia, non proprio recente ma dalle grandi attuali ripercussioni. In particolare il voto del 18 aprile (per il nostro primo Parlamento repubblicano) rappresentò una scelta di campo nel bipolarismo della guerra fredda. Prossima presentazione del libro il 7 giugno ore 18 al Circolo Culturale Montesacro, Corso Sempione 27, Roma.
Per l’Italia “repubblicana” infatti, quello che avvenne nel 1948, rappresentò un vero approdo ad una nuova fase politica, non esente da problematiche e forti rotture. Una scelta netta e programmata che non fu messa in discussione neppure dalla grave crisi scatenatasi pochi mesi dopo, in seguito all’attentato a Togliatti, che portò il paese sull’orlo di una nuova guerra civile. Un anno difficile quindi, ma anche ricco di passioni, ideali, delusioni e forti condizionamenti. I due autori hanno analizzato un complesso notevole di testimonianze e materiali storici, diari, lettere, interviste, relazioni delle autorità e di pubblica sicurezza, carte di partito, documenti internazionali, giornali, volantini e libri, per ricostruire un periodo di significativa importanza per i decenni successivi, illuminando di luce diversa molte questioni.
Andando per ordine, fu il 1° gennaio del 1948 ad entrare in vigore la Costituzione repubblicana, quando Pietro Nenni, leader del partito socialista europeo scriveva sull’«Avanti!» essere quello il momento di adeguare il 1948 al 1848. La Democrazia cristiana rispondeva, interpretando a suo modo la questione, con un manifesto dove l’Aquila asburgica compariva come il nemico da battere in quel 1848 ma paragonata addirittura alla falce e martello come nemico da battere nell’attualità del 1948. La sinistra allora mise in campo l’eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi, che apostrofava direttamente sul manifesto, il leader democristiano con queste parole: «Bada De Gasperi, che nessun austriaco me l’ha mai fatta» … ma questo era solo l’inizio di una battaglia elettorale senza esclusione di colpi.
L’8 febbraio 1948 era stato pubblicato il decreto di convocazione dei comizi per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, così venne fissata la data del 18 aprile per il voto di una delle più tese campagne elettorali che la storia politica italiana ricordi. Da un lato le forze di sinistra, Pci e Psi, riuniti nel Fronte popolare; dall’altro la Dc e i suoi alleati di governo. Gli italiani erano oltre 29 milioni, il sistema elettorale era proporzionale e l’introduzione del suffragio universale, come è noto, fece votare tutti i maggiorenni (21 anni) di entrambi i sessi. Cominciava così una campagna elettorale “moderna e di massa” che utilizzava quindi ingenti risorse, nuovi e/o rinnovati mezzi di comunicazione, dai comizi ai manifesti, dai giornali alle trasmissioni radiofoniche e cinematografiche in tutto il territorio nazionale, con tecniche di convincimento di grande impatto emotivo, per far leva sulla sensibilità piuttosto che sulla riflessione, scatenando l’istinto d auto-protezione, la paura, i bisogni primari ed anche quell’aggressività covata a lungo dagli scontenti. Soprattutto fu strutturata idonea a raggiungere un pubblico ampio e trasversale (per ceto sociale e livello culturale) analfabeti compresi che specialmente al sud erano la maggior parte, catturati attraverso immagini, anche da sole estremamente eloquenti. E’ la prima vera guerra dei manifesti, incollati a strati gli uni sugli altri, a contendersi lo spazio su muri che portavano ancora le cicatrici dei bombardamenti, mettendo in campo grandi immagini a colori e vignette satiriche, senza risparmiare accuse e denigrazioni (molte immagini compaiono nel libro, a cominciare dalla copertina).
Tutto si stava mobilitando per spingere l’elettorato alla scelta tra degli “opposti resi inconciliabili”, dopo una Resistenza in cui le forze cattoliche e della sinistra avevano agito insieme e dopo l’ultimo atto unanime di tutti i partiti protagonisti, nella stesura di quella Costituzione repubblicana approvata a larghissima maggioranza dall’Assemblea Costituente, eletta il 2 giugno 1946. Mentre i partiti di sinistra, riuniti nel Fronte popolare, pensavano di poter ottenere la maggioranza o comunque un’affermazione importante per partecipare al governo, il risultato delle urne decretò, a sorpresa sembra, il trionfo alla Dc (che ottenne la maggioranza assoluta dei seggi) e l’insuccesso di Pci e Psi, distanziati di quasi 20 punti. Dietro a tutto questo, come è noto, la guerra fredda e la spinta alla rottura con l’Urss per poter beneficiare delle ingenti risorse americane, quindi la collocazione chiara e stabile del nostro paese nel blocco occidentale, guidato dagli Usa, evitando qualsiasi rischio di svolte comuniste.
L’influenza americana e gli aiuti materiali accompagnarono una profonda trasformazione squisitamente culturale. Per fare questo non mancarono di evocare i miti immortali dell’immaginario, però nelle sembianze delle star di Hollywood, insieme a quelle dei mostri sacri della musica, dei giganti della letteratura americana ricchi di fascino, attraverso romanzi di grande successo. Erano modelli che si legavano ai racconti dei parenti emigrati negli Stati Uniti, già abbagliati dal consumismo, a cominciare dalla memoria (ingloriosa ma salvifica) dei soldati americani che distribuivano tavolette di cioccolata e sigarette, mentre ora si facevano carico degli aiuti per la ricostruzione materiale di un Paese sfiancato, dolente, desideroso di dimenticare.
Prima fu il programma Unrra (terminato in dicembre) a destinare all’Italia oltre 290 milioni di dollari per l’acquisto di generi di prima necessità, poi il Governo americano, insieme agli aiuti materiali scaricati dalle navi nei porti italiani, promosse attivamente l’immagine degli Usa, soprattutto nelle settimane prima del voto (in attesa dei tempi tecnici per le risorse del Piano Marshall). Fu quindi una campagna elettorale potenziata da programmi accattivanti, promossi anche da personaggi ormai famosi anche da noi, come Frank Sinatra, Gary Cooper, il sindaco di New York Vincent Impellitteri ed il campione dei pesi medi Rocky Graziano.
La Dc, uscita vittoriosa da quello scontro, getterà quindi le basi per una duratura permanenza, ma in gioco vi saranno ben altre forze. L’Italia divenne un paese, prigioniero della guerra fredda che impedirà di fatto una fisiologica alternanza tra gli schieramenti … Infine, nel saggio viene fatta un’ampia analisi del fatto che in questo stesso anno, rischiò di gettare il paese nella guerra civile. Il 14 luglio un giovane siciliano, iscritto al Partito liberale, Antonio Pallante sparò a Palmiro Togliatti. Il leader comunista restò per qualche ora tra la vita e la morte. La Cgil, attraverso Giuseppe Di Vittorio proclamò immediatamente lo sciopero generale, scatenando recriminazioni da parte dei sindacalisti cattolici guidati da Giulio Pastore. Ma il peggio doveva ancora venire e si scatenò … finché, come è noto, Togliatti, riavutosi grazie a un intervento chirurgico miracoloso di Pietro Valdoni, richiamerà i suoi all’ordine, mentre la radio annunciava l’insperata vittoria di Gino Bartali in alcune tappe di montagna del Tour de France. Tutto questo non evitò però che, alla fine, l’ondata di proteste si concludesse in una dura fase repressiva, sotto la regia del ministro Scelba.
Assai complessa ed interessante la descrizione di questi dettagliatissimi succedersi di avvenimenti e sconti di forze nel saggio di Avagliano e Palmieri che sarebbe lungo anche riassumere, nell’atmosfera tesa ed il confronto politico assai aspro Uno dei principali motivi di scontro fu anche l’avvio del Piano Marshall, mentre lo sciopero e le occupazioni delle fabbriche ebbero fluttuazioni significative, differenziando il nord e sud, creando le basi dei problemi degli anni successivi.
Mario Avagliano, giornalista e storico, collabora alle pagine culturali del «Messaggero» e del «Mattino»; tra i suoi libri: Generazione ribelle. Diari e lettere dal 1943 al 1945 (Einaudi, 2006), Il partigiano Montezemolo (Baldini+Castoldi, 2012)
Marco Palmieri, giornalista e storico, è autore di L’ora solenne. Gli italiani e la guerra d’Etiopia (Baldini & Castoldi, 2015).
Insieme hanno pubblicato Gli internati militari italiani (2009), Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia (2010), Voci dal lager (2012), tutti editi da Einaudi, oltre a Di pura razza italiana. L’Italia “ariana” di fronte alle leggi razziali (Baldini & Castoldi, 2013) e, per il Mulino, Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte (2014), L’Italia di Salò (2017) e 1948. Gli italiani nell’anno della svolta (2018).