Home C'era una volta Un concerto per togliere dai guai Eric Clapton

Un concerto per togliere dai guai Eric Clapton

SHARE

«Il ragazzo è cotto. Dovremmo dargli una mano!» Così, alla fine del 1972, Pete Townshend, il chitarrista degli Who chiama a raccolta un nutrito gruppo di amici perché gli diano una mano a convincere Eric Clapton a tornare sulle scene.

Un esilio volontario

Da un anno, infatti, Eric “slowhand”, manolenta, come è soprannominato per la sua capacità di suonare la chitarra trattenendo a lungo le note, si è chiuso in una sorta di cupo esilio volontario, ufficialmente per disintossicarsi. Se la passione per l’eroina e per l’alcol lo stava portando alla tomba, la solitudine e l’isolamento non solo non risolvono i problemi, ma rischiano di perderlo per sempre. L’ultima sua esibizione, se così si può chiamare, risale alla fine del 1971 quando è salito sul palco del concerto londinese di Leon Russel e ha strapazzato la chitarra in un paio di brani. Da quel momento su di lui è sceso un silenzio innaturale. Le insistenze di Pete Townshend sortiscono l’effetto desiderato.

Townshend ha fatto le cose per bene

Il 13 gennaio 1973, sul palcoscenico del Rainbow di Londra, Eric Clapton torna ufficialmente in concerto. Townshend ha fatto le cose per bene. La band che accompagna il suo ritorno schiera, oltre allo stesso Townshend, musicisti del calibro di Ron Wood, Steve Winwood, Rich Grech, “Reebop” Kwaku Baah e Jimmy Karstein. Ospite d’eccezione, con l’incarico di scaldare il pubblico prima del concerto è l’Average White Band. L’esibizione, nonostante il successo, non scuote dal torpore Eric Clapton che, lungi da risolvere i suoi problemi di tossicodipendenza, ripiomba nell’abulia più totale. La musicoterapia non funziona. Ci vorrà ancora un anno e una lunga permanenza nella fattoria di un amico in Galles perché il chitarrista si senta nuovamente pronto a ritornare davvero in attività. L’esibizione del 13 gennaio serve a risolvere però i problemi della sua casa discografica che, indifferente al dramma di Eric, pensa più che altro alla necessità di immettere almeno un nuovo disco sul mercato prima che il pubblico si dimentichi di lui. Il concerto fornisce materiale sufficiente alla pubblicazione di un album live, Eric Clapton’s Rainbow concert, che, nonostante lo scarso valore artistico, resta la drammatica testimonianza di uno dei periodi più neri della vita personale e artistica del musicista britannico.

Previous articleFranco Fanigliulo, un genio musicale unico
Next articleMemorie scomode -I giardini di Pfaffenthal
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".