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Tra tempo e ricordi, parla Francesco Borrasso

Borrasso

Francesco Borrasso e il suo ultimo libro su "Daily Green"

Com’è ormai sua consuetudine, Daily Green rivolge periodicamente la sua attenzione alle realtà editoriali presenti nel nostro Paese e agli autori che, con grandi sforzi e molta tenacia, cercano di emergere nel vasto panorama della narrativa italiana. Questa settimana siamo andati a intervistare Francesco Borrasso, scrittore campano, che ci ha parlato delle sue precedenti pubblicazioni oltre a illustrarci la sua ultima “fatica” editoriale.

Francesco Borrasso, alla ricerca del tempo tra i ricordi

Borrasso, leggo dalla sua biografia che ha pubblicato ben cinque libri in dieci anni di attività. Senza dubbio, un piccolo grande record. Dove ha tratto tutta l’ispirazione necessaria per creare così tanto in così breve tempo?

Ho sempre avuto qualcosa da raccontare, ho sempre avuto il bisogno di dire qualcosa; sono cinque romanzi molto diversi da loro, rappresentano la mia fase di crescita, sia umana sia intellettuale: il Borrasso alle prime armi non è il Borrasso di alcuni anni fa e non è il Borrasso dell’ultimo libro; il bisogno di stare lì, a narrare di qualcosa, sboccia con me, lo scrittore nasce con questo bisogno impellente, vivisezionare una serie di tematiche che mi tormentano, usando la scrittura come mezzo per esorcizzare i fantasmi e l’unico momento in cui queste ombre fanno meno paura è nella narrazione, penna sul foglio.

Ho pubblicato cinque romanzi, ma altri tre sono ancora nel cassetto, questo perché a prescindere da eventuali pubblicazioni, il bisogno di sviscerare un tormento è troppo forte, lo definirei vitale; un mezzo per non rischiare di essere divorati dalle paranoie.

Borrasso, passiamo alla sua ultima “creatura” editoriale, L’imperfezione dei ricordi (Rupe Mutevole, 2014). I motivi trainanti di questo libro sembrano il tempo, i ricordi, il tema della separazione e il dolore. Borrasso, vuole parlarcene più in dettaglio?

L’imperfezione dei ricordi è il terzo romanzo in cui, in maniera sempre diversa, affronto le stesse tematiche. Sono gli argomenti che mi affollano il pensiero: il lutto, il tempo, i ricordi, la separazione, il dolore, la volontà. Posso ormai affermare con certezza che sono i temi cardini della mia letteratura, del mio modo di raccontare storie. In questo romanzo il protagonista, Diego Malvento –uno scrittore – è l’unico di una cerchia di amici che ha deciso di rimanere nella città natale, Napoli. Gli altri ragazzi del gruppo, compresa la sua donna, hanno deciso di andare via da Napoli subito dopo il suicidio di Luca, un ragazzo depresso cresciuto con loro. Una mostra fotografica organizzata a Napoli da uno di loro sarà l’occasione per rivedersi dopo anni di silenzio; l’occasione per affrontare se stessi e il dolore, la loro separazione e un lutto mai scomparso. Per me il ricordo è una cosa viva, quando andiamo nella nostra testa e mettiamo in atto il meccanismo del ricordo, quella cosa accaduta tanto tempo prima, accade nuovamente; nel momento stesso in cui torniamo al ricordo, quella situazione, quel dialogo, quell’azione, riaccade, e continua ad accadere, sempre. Il tempo è un po’ il nostro padrone ed è arbitro, spesse volte, della separazione tra due corpi, due individui; non sempre però riesce nel suo intento, certi legami superano anni di lontananza. Il dolore fa parte della natura umana, il dolore è parte integrante dell’esistenza, è l’unica cosa certa di una vita; che sarai felice: dipende; che proverai dolore: è sicuro. Nell’Imperfezione dei ricordi questi temi sono trattati in maniera più matura, più adulta, e soprattutto molto affondo, arrivando a toccare profondità forse scomode.

Borrasso, ha avuto degli autori di riferimento durante la stesura del testo oppure ha semplicemente lasciato che la penna corresse da sola?

Per imparare a scrivere oltre ad una dote naturale c’è una cosa fondamentale da fare: leggere, leggere, leggere. Nel mio percorso di formazione ci sono stati autori che hanno lasciato il segno in maniera indelebile; la cosa importante è fare tesoro un po’ di tutto ed evitare di imitare una certa maniera di scrivere; raccogliere gli strumenti e farli diventare materia personale. La mia formazione di scrittore deve molto a Don De Lillo, David Foster Wallace, Francis Scott Fitzgerald, Victor Hugo, Paul Auster, Cormac McCarthy, Erri De Luca, Philip Roth e sicuramente dimentico qualcuno. In genere prima di iniziare la stesura di un romanzo, delineo, faccio uno scheletro di tutta l’opera: personaggi, luoghi, temi, azioni, delle volte anche il finale che magari cambia con lo svolgersi della storia; tendo quindi a fare una struttura, una base che possa reggere poi il peso della narrazione, dell’inventiva. L’imperfezione dei ricordi è nato in un periodo strano, come un’allucinazione, mi si è formata una storia nella testa; avevo appena finito di leggere La simmetria dei desideri dello scrittore israeliano Eshkol Nevo ed era un momento in cui vedevo a più riprese e a volte solamente a tratti, a piccoli pezzi, a pillole, La grande bellezza di Sorrentino.

Quando decido di iniziare un romanzo, la maggior parte delle volte, c’è un aborto spontaneo intorno al capitolo due; tutti i figli non nati restano storie appena accennate; la storia che può poi divenire adulta e formata, viene fuori da sola, me ne rendo conto quando nonostante qualche difficoltà, la mano continua a scrivere, quando mi affeziono ai personaggi, quando diventano parte integrante della mia quotidianità, anche nel momento in cui vivo all’infuori della scrittura. Scrivere è un atto fisico, una fatica corporea, uno scontro di muscoli, di nervi, contro te stesso; spesso da un romanzo ne esco stanco, e le due fasi più dure sono la prima stesura e la prima lettura; c’è sempre qualcosa di biografico in un romanzo, espelli tutti i mostri, ma poi nel momento della rilettura, forse, li rifai di nuovo tuoi e te li ritrovi cresciuti, forse più feroci; quindi la scrittura come esorcismo forse funziona solo in un verso, bisognerebbe dedicarsi alle parole buttate fuori e fermarsi.

Borrasso, a giorni farà una tappa romana per presentare il suo libro al caffè letterario Mangiaparole. Ha in mente di continuare a promuovere il suo libro magari facendo un vero e proprio giro d’Italia, Borrasso?

Credo che soprattutto nella piccola editoria farsi conoscere, girare, fare il nomade insieme al tuo romanzo, sia una fase necessaria; sia l’unico movimento reale affinché tu possa sperare di essere letto e giudicato. Quando uscii qualche anno fa con la casa editrice Guida avevamo messo giù una grande serie di incontri con i lettori, ma dopo i primi mesi pieni di presentazioni, la casa editrice è caduta nel buio della crisi e ha dichiarato fallimento, uno scempio è stata la chiusura della storica libreria Guida, a Port’Alba – Napoli. La cosa importante è riuscire a tramettere un’emozione, far passare il tuo pensiero su quel determinato argomento, e magari prendersi tutte le critiche del caso, perché servono più degli elogi. Spero di poter viaggiare con il romanzo anche verso Nord; potermi confrontare anche con modi diversi di pensare e di vedere la letteratura, rispetto a i miei. La voglia non manca, bisogna solo metterci tanta passione. In fondo uno scrittore è un po’ nomade di suo, un po’ ladro di fatti che ruba e mette su carta, un girovago della vita. Vale per il Borrasso degli inizi e vale per il Borrasso di oggi. Se credi in quello che scrivi, se pensi che gli argomenti di cui parli siano vitali, riuscirai a trasmettere questo concetto ad un ascoltatore; credo in questo, credo che la volontà è un meccanismo complesso, che tende ad incepparsi nel momento esatto in cui inizi a dubitare di te stesso.

Dopo il quinto libro, Borrasso, è lecito aspettarsi una nuova pubblicazione. Ha già in cantiere un nuovo manoscritto? E che tipo di aspettative sta maturando in campo editoriale, Borrasso?

Sto già scrivendo il nuovo romanzo, dopo una serie di false partenze di rito, adesso sono a buon punto. I temi cardi saranno sempre gli stessi: il ricordo, il lutto, la separazione, il dolore, e la volontà come forza massima; ma questa volta verranno affrontati in maniera scomoda, politicamente scorretta; è una storia che non concilia il sonno, un pugno nello stomaco, violento, lascia i lividi, gli stessi lividi che sta piantando sopra di me mentre sto scrivendo; ci sono alcuni momenti i cui devo fermarmi, non perché abbia finito le idee, la storia continuerebbe sempre, è già tutta dentro di me; devo fermarmi perché sto male in maniera fisica; e credo che lo stesso effetto potrebbe farlo sui lettori; ti lascio una frase del nuovo romanzo che rispecchia in maniera decisa l’opera: non è forse un sintomo della felicità quello di riconoscerla quando è ormai passata? Per quando concerne il campo editoriale la situazione è chiara; vivendo in un paese di provincia e avendo un locale da gestire, non posso entrare a far parte di una cerchia, mi è difficile mettere la mia presenza in maniera continuativa davanti ad un editore o a persone che possano essere in grado di leggere e presentare la mia opera. In questi anni ho dovuto sempre allacciare rapporti con piccole case editrici, che riescono magari ad ascoltarmi e a prendermi in considerazione. Qualche piccola soddisfazione arriva lo stesso, soprattutto se l’opera è realmente meritevole. Ho qualche speranza per il nuovo romanzo, delle piccole strade che posso cercare di seguire; vedremo come si evolverà la storia, e con il tempo capiremo se sarò riuscito ad avere un po’ d’attenzione. Il mio scrivere è una forma di espiazione un moto verso la salvezza; continuerò a farlo, sempre, a prescindere dalla volontà di Francesco Borrasso.

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