Home C'era una volta Tommy Roe, il clone di Buddy Holly

Tommy Roe, il clone di Buddy Holly

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Il 1° settembre 1962 arriva al vertice della classifica statunitense Sheila, un brano che molti giurano sia una pubblicazione postuma di Buddy Holly, lo sfortunato rocker scomparso nel mese di febbraio di tre anni prima. La somiglianza della voce è davvero sorprendente, ma non è lui.

Il brano non è una novità

L’interprete di Sheila è Tommy Roe, un ventenne sconosciuto al grande pubblico. Il brano non è nuovo. Il ragazzo infatti l’ha già pubblicato nel 1960 con la sua band, Tommy Roe & The Satins, per una piccola etichetta di provincia. Nessuno si è accorto allora del disco tranne un talent scout della ABC Paramount, una casa discografica sempre alla ricerca di giovani cantanti da far consumare rapidamente al pubblico degli adolescenti. Gli esperti dell’etichetta ascoltano il disco e si accorgono che quel ragazzo ha qualcosa in più rispetto ai soliti cantanti adolescenti di rock and roll: «La voce! Ha la stessa voce di Buddy Holly». Lo scritturano e gli fanno registrare di nuovo il brano.

Il risultato è quello voluto

La sua voce, già naturalmente simile a quella di Holly, viene ulteriormente elaborata dai tecnici e l’arrangiamento fa il resto. Il risultato è quello voluto. La faccia pulita da adolescente un po’ cresciuto cattura il pubblico giovanile e la somiglianza della sua voce con quella di Buddy Holly suscita nostalgie mai sopite. In breve tempo il disco vola alto nelle classiche. Il successo ottenuto viene poi consolidato da una serie di canzoncine come Susie darlin’, The folk singer ed Everybody. Quando, nel mese di marzo del 1963, partecipa a un tour con i Beatles capisce che i tempi stanno cambiando. A differenza di molti artisti di quel periodo, torna nell’anonimato in attesa che l’ondata del beat esaurisca la sua spinta propulsiva e si dedica prevalentemente alla composizione. Nel 1969, passata la bufera, deciderà che è tempo di riemergere e tornerà al successo con Dizzy mantenendosi a galla anche negli anni Settanta con brani pop di buona fattura ma senza particolari pretese.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".