Il 20 ottobre 1951 nasce a Gainesville, in Florida, Tom Petty. Fin dal suo apparire sulla scena si capisce che non è un tipo che segue le mode. Oggi sarebbe il suo compleanno se un infarto non l’avesse stroncato il 2 ottobre scorso.
Un pugno nello stomaco
Il suo primo album, intitolato semplicemente Tom Petty & the Heartbreakers esce nel 1976 e fa l’effetto di un pugno nello stomaco in un ambiente musicale, quello statunitense, allocchito da un’alluvione di nuove suggestioni spesso nate da calcoli esclusivamente commerciali. Tom Petty e i suoi Heartbreakers vanno controcorrente. Le dieci canzoni dell’album prendono a calci il punk anarchico che dilaga in Inghilterra, l’isteria colta della new wave newyorkese e il rock della disumanizzazione così di moda nei cabaret elettronici Petty e soci si rifanno alla storia dei rock, quello vero, originale. I critici storcono il naso ma il pubblico lo capisce al volo. Le successive incisioni confermano la sua capacità e il suo buon gusto. I suoi sono piccoli gioielli che attingono direttamente alle radici del rock. La sua è una rivoluzione proprio perché non cede alla tentazioni di essere innovativo a tutti i costi. Non mira a rivoluzionare il concetto di musica, ma semplicemente a proporre delle intelligenti variazioni sui temi già noti. Dimostra come si possano comporre ed eseguire piccoli gioielli senza bisogno di sconquassi o scoperte avveniristiche. Nel 1979, con il terzo album Damn The Torpedoes, arriva addirittura al primo posto delle classifiche di vendita. I successi non mancano neppure alla fine degli anni Ottanta, quando la sua vena comincia a manifestare qualche segno d’inaridimento e di ripetitività. Anzi la sua popolarità tende ad aumentare ancora grazie all’alleanza con Bob Dylan, di cui Petty fin dagli inizi imita il canto nasale.
L’ultimo grande rocker proletario
Ultimo grande rocker proletario, racconta di essere stato folgorato dal rock and roll quando era un bambino. Il profeta era stato Elvis Presley, all’epoca in Florida per girare un film. Petty, che allora aveva undici anni, ha raccontato mille volte quell’episodio: «Nella mia mente si è fissata un’immagine: migliaia di persone, un lungo corteo d’auto, ed Elvis in una bellissima Cadillac bianca. Era tutto grande. Fantastico». Convince sua madre a regalargli una chitarra e debutta nella band del liceo suonando canzoni surf. Dopo questa esperienza scolastica, come centinaia di ragazzi come lui entra a far parte di una formazione che si esibisce nei bar e nei locali della zona. Testardo e deciso a non lasciarsi tentare dalle lusinghe del music business negli anni mantiene ben salde le sue convinzioni. Lui e i suoi Heartbreakers percorrono le strade tipiche dei vecchi rockers. Inizialmente incompresi in patria si avventurano in un lungo tour in Inghilterra come gruppo d’apertura dei concerti del chitarrista Nils Lofgren. L’esperienza britannica li tempra e li santifica costringendo la critica statunitense a prenderli un po’ più sul serio. Il resto arriva da sé, compresa la santa alleanza con Bob Dylan che si concretizza in un tour che lo porta anche in Italia nel 1987. Se la morte non ce lo avesse sottratto oggi compirebbe sessantacinque anni.