In molti non lo sanno ancora, ma domenica 17 aprile si vota in tutta Italia per il referendum.
Si tratta di una consultazione che punta ad abrogare una legge che proroga all’infinito la concessione a trivellare a favore delle grandi compagni petrolifere, ma in sostanza parla del modello di sviluppo e del futuro energetico di questo paese.
Trivelle, il 17 aprile vota Sì
Entrando nel dettaglio del tema, se vince il Sì le concessioni per la trivellazione (tecnicamente sarebbero le “attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi”) entro le 12 miglia marine per le compagnie arriveranno alla scadenza naturale. Viceversa se non sarà raggiunto il quorum (o se prevalessero i No) alle compagnie petrolifere verranno prorogate per sempre le concessioni già in vigore.
Insomma, un regalo davvero inatteso per lobby e multinazionali del settore.
E’ importante sottolineare che anche in caso di vittoria dei Si le conseguenze non sarebbero immediate, poiché non si andrebbero a cancellare i contratti già in vigore, ma appunto essi arriverebbero alla propria scadenza già fissata al momento della firma. E’ una questione importante da precisare, anche per “tranquillizzare” chi sta agitando lo spettro della disoccupazione. Per arrivare alla chiusura materiale di un impianto servirebbero quindi in media fra i 5 e 10 anni. Una tempistica del tutto compatibile con la possibilità di riconvertire le economie locali e anzi che incentiverebbe a investire in un modello energetico rinnovabile e ad alto tasso di occupazione di manodopera; da questo punto di vita è sintomatico notare come negli USA nel 2015 si sono creati oltre 200 mila nuovi posti di lavoro nel fotovoltaico, ovvero il 77% in più rispetto a quelli del settore carbon fossile.
Trivelle, il 75% delle piattaforme non rispetta le normative
Esistono inoltre diversi altri miti da sfatare su questo argomento. Intanto parlando della quantità di idrocarburi estratti, le piattaforme attualmente esistenti raccolgono appena l’1,9 del fabbisogno nazionale di gas, mentre parlando di petrolio nei giacimenti italiani è presente una quantità talmente bassa che sarebbe sufficiente solo per coprire il fabbisogno nazionale di 7 settimane all’anno (ovvero il 13% del totale usato in Italia).
Parlando dell’ambiente e della sicurezza, attualmente il 75% delle piattaforme presenti nell’Adriatico non rispetta le normative, mentre è stato dimostrato che l’82% delle cozze pescate attorno alle piattaforme contiene dei livelli altissimi di metalli pesanti come mercurio, cadmio e zinco, tutti altamente tossici e nocivi per la salute.
Più complessivamente va, infine, sottolineata l’importanza generale di votare: in una fase storico-politica contraddistinta da una sempre maggiore lontananza fra cittadini e istituzioni, le occasioni di democrazia diretta come i referendum sono assolutamente da sfruttare per dare un nostro parere sul futuro che vogliamo per questo paese.
Trivelle, chi ama il mare il 17 va a votare
Da questo punto è clamorosa la decisione dei vertici nazionali del principale partito di Governo di invitare gli elettori a disertare le urne il 17 aprile: una data che il Governo stesso ha scelto (preferendo non accorpare il referendum con le elezioni amministrative, scelta che avrebbe fatto risparmiare alla collettività 300 milioni).
Raggiungere il quorum del 50% dei voti sarebbe la migliore risposta che i cittadini possono dare rispetto a questa manovra.
Insomma dalle ore 7 alle 23 di domenica 27 aprile sarà importante andare a votare e scegliere il Si, per “rottamare” una fonte energetica ormai vecchia come gli idrocarburi e puntare davvero sul futuro.
Maurizio Ribechini