Sergio Malatesta è autore televisivo, sceneggiatore, regista.
Green Generation è il docu-film di Sergio Malatesta, prodotto da Maiora Film in collaborazione con Rai Cinema e con il patrocinio dell’ENEA. Green Generation, il futuro come non l’avete mai immaginato, fa il punto sull’escalation dei cambiamenti climatici documentandone cause, effetti e ricercando soluzioni. Una nuova generazione più consapevole, unita, senza distinzione di età, sesso o religione, impegnata a sconfiggere il riscaldamento globale.
Green generation: Sergio, come inizia l’avventura?
L’avventura di Green Generation nasce dall’incontro e da una lunga frequentazione con Livio De Santoli, un ingegnere e professore universitario con il quale ho scritto il soggetto del film. De Santoli insegna fisica tecnica all’università e da sempre si occupa di energia alternativa. Avevamo già realizzato delle cose insieme negli anni Novanta: mettemmo su uno spettacolo teatrale multimediale di cui lui aveva organizzato tutta la parte informatica. Uno spettacolo che ebbe anche un discreto successo ma, purtroppo, non venne rappresentato a lungo perché era molto costoso. Però ebbe un buon esito e fu considerato nel panorama del teatro italiano uno spettacolo innovativo.
Come si chiamava la pièce?
Lo spettacolo si chiamava Metropolis, ispirato a Fritz Lang. Cominciava con una produzione teatrale per poi diventare, attraverso una telecamera connessa ad un circuito televisivo interno, televisione. C’era un grande schermo. Il teatro diventava TV e, poi, cinema. Contemporaneamente venivano elaborati alcuni dati grazie ad un programma che aveva progettato Livio De Santoli. Il computer era a pieno titolo parte dello spettacolo. Una pièce transmediale più che multimediale. Lo spettacolo aveva un significato sociale in qualche maniera legato alla situazione che stiamo vivendo oggi, vale a dire quella di una sostanziale narcosi delle persone. La maggior parte delle persone non si impegna, non si accorge, non vive a pieno alcuni drammi e, tra virgolette, alcune tragedie che stiamo vivendo perché non ne ha coscienza. Lo spettacolo raccontava perché, già in quegli anni, la coscienza delle persone era un po’ addormentata.
E poi?
Poi un giorno di diversi anni fa Livio De Santoli mi invitò a una serie di conferenze e tavole rotonde sul clima, suo grande impegno e passione. E’ durante questi incontri che ho conosciuto e intervistato Jeremy Rifkin e Paul Connet. Da parte loro ci fu una grande disponibilità perché capirono che eravamo dei militanti onesti. Nel film ci sono diverse parti dell’intervista a Rifkin. Insomma, dopo tante conferenze, incontri tra i grandi della terra, sbandieramenti a destra e sinistra delle meraviglie della Green Economy, era facile rendersi conto che in realtà la Green Economy non era mai partita, anzi la quantità di CO2 nell’atmosfera aumentava e sta tuttora aumentando. E questo malgrado l’impegno di molti. Pensiamo al bellissimo film di Al Gore, Una scomoda verità, che ha addirittura vinto un Oscar nel 2007, e che chiamava all’azione immediata tutti quanti noi. E invece non accadeva nulla. Perché? Qual era il motivo? Cosa si poteva fare per accelerare un processo necessario? Il motivo che abbiamo individuato era che ci sono tre mondi importanti che dovrebbero concorrere a risolvere il problema ambiente ma che invece non comunicano: il mondo della scienza che analizza e propone, il mondo della politica che deve prendere delle decisioni in merito e il mondo delle persone comuni. Questi tre ambiti erano e sono abbastanza scollegati. Si doveva fare qualcosa che li legasse insieme dal punto di vista della comunicazione. O gli scienziati parlano con le persone e si fanno capire, oppure è tutto inutile. Bisognava trovare un modo, un linguaggio comune e il cinema è un canale importante. Questi mondi devono essere messi nella condizione di comunicare e di capirsi. Anche il mondo degli ambientalisti deve essere collegato. Mettere tutti quanti insieme e cercare di far capire alle persone in maniera semplice e soprattutto con umiltà, che il problema c’è e che la risoluzione non è necessariamente una punizione! Tutto ciò può trasformarsi in opportunità per il nostro rapporto con l’ambiente e per l’economia che potrebbe ripartire. Green Generation, per rispondere alla tua domanda, nasce proprio da questa esigenza.
Dall’idea alla realizzazione del progetto è passato molto tempo?
E’ stata una gestazione lunga. All’inizio nessuno credeva nel progetto ma alla fine ho trovato un produttore, Giorgio Ginori della Maiora Film. Anche lui all’inizio non ci ha creduto poi tanto. Solo quando sono riuscito a coinvolgere Rai Cinema e altre industrie si è convinto veramente della forza del film e devo dire che oggi è uno dei sostenitori più entusiasti! Credo che quello che lo abbia convinto di più è che noi non abbiamo dovuto fare quasi nulla per lanciare il film. Ancora oggi le proiezioni continuano in maniera autonoma. Green Generation sta avendo una seconda vita: poco tempo fa ero a Perugia per lavoro e ho scoperto che in un cinema stavano proiettando il film con tanto di dibattito organizzato da Greenpeace. Una cosa incredibile! E la cosa ancora più incredibile è che alla fine di ogni proiezione c’è qualcuno che viene e si offre di aiutare perché capisce che va fatto qualcosa e subito! E questa è la prova che forse il linguaggio che abbiamo utilizzato funziona.
Avete creato fermento dietro tutto questo. Qualcosa si sta muovendo.
Sì, da Green Generation sono nate diverse iniziative. E’ nata un’associazione che si chiama Green Generation Lab che propone incontri per le scuole con proiezioni e dibattito. E’ nata una start up, una società di produzione, la Green Generation Project in collaborazione con la CNA, perché anche la CNA si è accorta che c’è un problema di comunicazione con le piccole e medie imprese. Per esempio quando le aziende vanno a parlare con i condomini per offrire un tipo di energia alternativa nonostante i vantaggi che questa obiettivamente sul lungo periodo può garantire, non vengono ascoltate. Quello che manca è la fiducia, la cultura. Questo film può essere, se vogliamo, un cavallo di Troia per combattere questo ostracismo da parte delle persone comuni che invece dovrebbero essere i primi attori di questa grande rivoluzione green. Una rivoluzione che deve partire dal basso. Potrebbe essere un modo per veicolare questa voglia, questo entusiasmo.
Ma esiste una green generation?
Esiste solo che a volte è difficile incontrarsi. La green generation sei tu, sono io, siamo noi, anche se siamo di due generazioni differenti. Come dice alla fine il film, siamo tutti noi, indipendentemente dall’età, dal sesso e dalla religione, tutti accomunati dalla voglia di trovare un’altra soluzione che ha a che fare molto con l’energia perché l’energia è un punto focale dello sviluppo della civiltà occidentale. La stiamo usando tantissimo e male, stiamo distruggendo il pianeta. Dobbiamo capire che forse c’è un modo per distruggerlo meno e agire, ma bisogna farlo presto. Dobbiamo cominciare subito e con più impegno e serietà. Certo questo pesta i piedi a molti, a chi ha altre cose in mente.
Da poco si è conclusa la conferenza di Parigi sul clima con un accordo che impegna 190 Paesi a ridurre le emissioni inquinanti. Qual è la tua opinione in merito?
L’accordo secondo me è assolutamente positivo perché rappresenta un primo passo concreto: siamo tutti d’accordo per la prima volta, tutti, anche quelli che avevano detto no come la Cina, l’India, gli Stati Uniti. Però il passo concreto ancora non è stato fatto perché tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare. Tutti noi dobbiamo approfittare di questo momento e agire. Dopo la Cop21 non dobbiamo solo vigilare ma cominciare a chiedere interventi ai nostri politici. Questo deve fare la green generation! Per esempio una cosa per cui la nostra associazione si vuole battere e stiamo cercando il modo migliore per farlo, è quello di chiedere per tutti i prodotti un’etichetta dove sia indicato il loro costo in termini ambientali.
Una sorta di prodotto a “chilometro zero”?
Esattamente. Prendi un computer ad esempio che producono a Taiwan dove esistono le centrali a carbone. Considera il costo ambientale per trasportare tutti quei pezzi fino a qui, insomma è necessario un calcolo per capire quanta CO2 è stata emessa in atmosfera, quanta ne verrà prodotta per usarlo e quanta se ne produrrà per dismettere quello stesso oggetto. Se metti tutto questo sull’etichetta allora il consumatore può veramente scegliere.
Andrebbe tutto riconsiderato: il costo del lavoro, lo sfruttamento della forza lavoro.
Certo ma non è solo un fatto etico, è un discorso di costo per l’ambiente. Poi è chiaro che tutto questo riguarda un problema di avanzamento del progresso della nostra civiltà. Per far crescere la green generation c’è bisogno di un salto culturale e civile. Bisogna capire la responsabilità che noi abbiamo, noi come persone del mondo occidentale e dobbiamo far sì che tutto quello che c’è di buono sulla carta, quello che ci hanno insegnato, tramandato, che abbiamo prodotto noi stessi, debba essere operativo in tutti i momenti della nostra esistenza. Solo allora tu vai al supermercato e compri il prodotto a chilometro zero ma perché tu sei quello! E’ la tua anima, la tua identità. Bisogna combatterla insieme questa battaglia, altrimenti non si va da nessuna parte!
Sergio, nel tuo quotidiano cosa fai materialmente per proteggere l’ambiente? Che tipo di alimentazione segui, usi la macchina o i mezzi pubblici?
Sto cercando di mangiare sempre meno carne, di avere una dieta più varia. E’ un tema molto importante su cui sto riflettendo e cerco di farlo fare anche alla mia famiglia e alle persone che incontro. Penso che sia importante il rispetto verso ogni forma di vita. I temi su cui riflettere sono davvero tanti ma prima di tutto salviamoci perché il riscaldamento globale è una minaccia grave per tutti noi. Io cerco di stare attento a tutto quello che faccio. Vado a piedi tutte le volte che posso, che poi mi sta facendo anche bene, sto rinforzando le gambe! In una città come Roma alla fine ci riesci, certo a volte è necessario prendere i mezzi pubblici, in extremis la macchina. Una curiosità: nel mio film c’è un unico camera car e per farlo abbiamo utilizzato una macchina elettrica. Posso dire che da questo punto di vista il film è salvo (ride!). Qualche volta abbiamo usato anche la mia macchina per andare sul set, per carità! Ma la mia macchina è diesel. La prossima che comprerò, se non sarà possibile utilizzare quella ad idrogeno, sarà una macchina ibrida.
Qual è la cosa di te che ricicleresti e quale invece quella che butteresti via?
Il mio difetto è sicuramente l’impulsività, l’ho pagata cara e amara nella mia vita… Ecco butterei sicuramente quella e terrei la mia buona forza di volontà.