Il 5 luglio 1961 muore a Flint, nel Michigan, il contrabbassista Scott La Faro. Nato a Newark, New Jersey, il 3 aprile 1936 ha solo venticinque anni.
Trasformazioni fondamentali
Nonostante la sua breve vita, stroncata da un incidente automobilistico quando egli, evidentemente, non aveva ancora conseguito la maturità artistica, La Faro è concordemente ritenuto una delle personalità più importanti del periodo in cui, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, il jazz compie fondamentali trasformazioni. La sua educazione musicale è intensa e articolata. Studia il clarinetto, il sax tenore e il contrabbasso, collabora con orchestre di rhythm and blues e, tra 1956 e il 1957con Chet Baker. Attivo negli ambienti musicali di Los Angeles e di Chicago, nel 1957 fonda un suo trio col quale incide un disco che ne mette in luce la tecnica superlativa e la rotondità e la bellezza del suono, poderoso e nello stesso tempo capace di morbide sfumature.
Non c’è solo la ritmica
Dopo una tournée con l’orchestra di Benny Goodman inizia alla fine del 1959 le due più importanti collaborazioni della sua carriera, quella con Bill Evans e quella con Ornette Coleman. È forse con Coleman che egli dà i contributi più interessanti al linguaggio d’avanguardia, ma il legame artistico e umano con Evans è tale che il pianista, alla morte di La Faro, medita per qualche tempo di sciogliere definitivamente il trio. È presente con il suo contrabbasso nella famosa opera-manifesto intitolata Free jazz. Il suo stile porta a compimento l’evoluzione del contrabbasso jazz iniziata nel 1940 da Jimmy Blanton che, affrancando lo strumento da un puro ruolo ritmico, lo aveva elevato al rango dell’integrazione solistica e talvolta del solismo tout court. Con Scott La Faro il contrabbasso diventa in ogni caso la fonte d’emissione di un suono parallelo a quello di tutti gli altri strumenti, e di pari rilievo.