A fronte delle stagioni sempre più calde che si attendono, della necessaria opera di forestazione urbana, dell’imminente Giubileo e della necessità di avere sempre più ombra e sempre più alberi nelle strade, a Roma si pota con metodi sempre più estremi e demolitori e si tagliano alberi oltre ogni limite mai visto prima. E questo dopo la tragedia dei Pini e delle Pinete di Roma, sui quali si è abbattuta la pandemia portata dal parassita Cocciniglia Tartaruga (Toumeyella parvicornis).
È in corso un nuovo inspiegabile attacco al patrimonio vegetale urbano, con nuove temute perdite. Per ora episodi puntuali, ma che, se proseguissero, aggiungerebbero ulteriore carenza di alberi, alberate, decoro, ombra e scarsa mitigazione della temperatura, bellezza ed ornamento per i quartieri romani.
Accade dunque che improvvisamente da un giorno all’altro una qualsivoglia alberata di 30, 40, 60 anni, di acero negundo, di robinie, di olmi, di albero di giuda etc. viene delimitata dalle usuali strisce di plastica rosse e bianche che preannuncia un transitorio divieto di sosta per un prossimo giorno a venire. Quel giorno arriva una squadra di “giardinieri” attrezzata ed armata di seghe, (più che giardinieri, boscaioli) ed alla fine della giornata dal 40 al 70% degli alberi sarà stato eliminato per sempre, segato alla base a circa 60 cm di altezza. Qui di seguito le Vie della più recente operazione di “persecuzione degli alberi”: Via Tigré, Via di Priscilla, Via di Villa Chigi, Via Sartorio, Via Malta, Villaggio Olimpico, via Donatello, Via Dello Scalo San Lorenzo.
A volte dal taglio si vede un legno perfetto. A volte l’interno è più scuro scuro o è vuoto. Ma li tagliano tutti, indistintamente e non si sa il perché, né per quali difetti: perché erano malati gravi o irreversibili o perché semplicemente non erano perfetti? Per ora non lo sapremo mai, perché non c’è alcuna volontà di farlo sapere per tempo e motivatamente, albero per albero. Con quel censimento digitale che chiediamo da 2 anni. I rimanenti vengono potati a più non posso. E questi sono in genere esemplari assai giovani. I vecchi devono tutti morire. Questo è quello che vediamo, questo è quello che possiamo raccontare.
Non meno inquietanti le sostituzioni incongrue e risibili. Infatti, non finisce con i tagli indiscriminati, poiché subito dopo accade il peggio, che rasenta l’offesa per il diritto alla trasparenza, alla conoscenza, al paesaggio per migliaia di cittadini che vivono gli interessi collettivi urbani e il rispetto per i beni comuni. Passano due giorni e al posto di alberi alti 7/ 9/ 11 metri con belle chiome adeguate a tali misure, compaiono alberini di 2 metri e mezzo metro diametro alla chioma. Alti 2 metri, sottilissimi e sono sempre dei miserabili ligustri giapponesi. La strada appare vuota, fredda, spogliata dei suoi begli alberi e la festa di una città verde cui eravamo abituati è così per sempre finita. E si impongono alla città alberate ridicole, arlecchinate, per un arredo urbano e per un verde di arredo che sono l’esempio più evidente, per Roma, di un degrado non arginato.