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Ricerca al palo, non viene sfruttato il 60% dei fondi Ue

Anche se l’Italia si muove nella giusta direzione per quanto concerne alcuni settori, come quello per le bio tecnologie, la ricerca italiana è al palo. La colpa? Non solo del caos burocratico ma anche dell’impossibilità di gestire e fare ricerca nel nostro Paese.

Spesso – denuncia Rolando Lorenzetti, direttore scientifico del consorzio Italbiotec – i ricercatori sono assolutamente disorientati nel caos generato dai bandi di concorso. Tanto che non si riesce neppure a sfruttare il 60% dei fondi strutturali messi a disposizione dall’Unione Europea ogni anno. Si fatica, purtroppo, anche ad accedere agli incentivi sia nazionali sia regionali.

”I soldi per fare ricerca ci sono, sia a livello nazionale che europeo, bisogna pero’ capire dove sono e come accedervi”, spiega ancora Lorenzetti all’Ansa. ”I ricercatori spesso non sono consapevoli delle strade da seguire per avere dei finanziamenti, anche perche’ in Italia si dividono in mille rivoli: ogni ministero ha i suoi bandi, e ciascuno prevede approcci diversi per presentare le domande, creando un’inevitabile confusione”. Secondo i dati di Italbiotec, un consorzio di diversi atenei italiani e centri di ricerca pubblici e privati, la ricerca italiana ”non sfrutta il 60% dei fondi strutturali dell’Unione europea”.

I centri di ricerca del Nord, soprattutto quelli pubblici, risultano essere piu’ preparati e strutturati per sfruttare i finanziamenti e gli incentivi, anche grazie ai loro legami internazionali, mentre, purtroppo, le difficolta’ maggiori riguardano le piccole e medie imprese, che spesso non possono soddisfare le richieste di affidabilita’ economica imposte dai bandi.

Due le strategie proposte per uscire da questa impasse. ”Serve innanzitutto un ente che permetta di unificare e armonizzare tutti i bandi – conclude Lorenzetti – e un accesso ai finanziamenti facilitato per le realta’ piu’ piccole” anche se, appunto, l’Italia si muove.

Si muove, ancora, del tutto a stento anche in settori trainanti come quello delle biotecnologie. Questo, per lo meno, è quanto emerso dagli ultimi dati messi a disposizione dall’associazione che riunisce le aziende biotecnologiche italiane, l’Assobiotec.

”In Italia il biotech rappresenta quasi lo 0,8% del Pil e altri paesi, come la Russia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, prospettano che il settore crescera’ fino al 2-3% del Pil”, rileva anche il presidente dell’Assobiotec, Alessandro Sidoli.

Ma per crescere anche il biotech italiano ha bisogno di sostegno. ”Le aziende – sostiene Sidoli – possono arrivare a investire fino al 40% del fatturato in ricerca, ma i tempi sono lunghi e le percentuali di successo basse. Per questo servono nuove misure a sostegno della ricerca e dell’innovazione che mettano più ‘benzina’ nel motore”. L’auspicio dell’Assobiotec è che ”si possa elaborare un piano di sviluppo nazionale per la bioeconomia in prospettiva 2020, perchè il settore delle biotecnologie è una realtà importante che avrà un grossissimo sviluppo negli anni a venire”.

Ed è questo l’auspicio affinché anche la ricerca riparta.

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