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Riapre la caccia. Una barbarie legalizzata

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Niente di nuovo sul fronte della contestatissima caccia. Dalla terza settimana di settembre è legale sparare agli uccelli in 16 regioni italiane: dal primo settembre infatti riparte la stagione venatoria per la gioia dei cacciatori che potranno puntare le loro doppiette contro anatre selvatiche e ghiandaie, germani, tortore, marzaiole e merli, tordi, gazze, cornacchie nere e grigie, quaglie e beccaccini…

La caccia: una barbarie legalizzata

Per la precisione sono 12 le specie di uccelli a rischio, anche se i numeri e le date per la mattanza legalizzata variano in base alle regole stabilite dalle regioni italiane.

Resta quindi ancora una volta inascoltata la voce degli ambientalisti (e non solo) alla pratica venatoria e, per restare in tema di numeri, 700mila cacciatori, poco più dell’1% della popolazione, potranno sterminare per “sport” decine di milioni di animali.

In prima linea come sempre il Wwf che ricorda quanti uccelli messi già a rischio dalla scarsità di acqua e cibo per le siccità estive e i ripetuti incendi, quanti stanno ancora nidificando, quanti ancora immaturi e quanti si preparano a lunghi voli di migrazione, saranno esposti ad una inutile mattanza.

Sul sito dell’associazione il WWF spiega: “La caccia non è il principale problema ambientale in Italia. Non è la minaccia numero uno per la biodiversità. Ma, in un territorio già provato dalla cementificazione e la perdita di habitat naturali, dall’inquinamento e dal cambiamento climatico, la caccia rappresenta l’ennesima aggressione alla fauna. Soprattutto se, come accade in Italia, la legislazione sulla caccia è spesso non rispettata, attraverso atti di deroghe regionali di ogni tipo, in violazione delle regole europee sulla tutela della fauna selvatica: dall’aumento illegittimo delle specie cacciabili, ai calendari venatori con periodi di caccia troppo lunghi ed autorizzazioni di caccia in zone vietate, come la aree protette. E addirittura si assiste ai ripetuti tentativi di stravolgere l’attuale legge a tutto vantaggio dei cacciatori.”

La caccia contro la sostenibilità ambientale

La Lipu (lega italiana per la protezione degli uccelli) da parte sua punta il dito contro “la mancanza o le gravi carenze dei piani faunistici venatori delle Regioni: vecchi, prorogati o addirittura inesistenti, tale da far concludere che la caccia italiana è nel suo complesso totalmente illegittima, ovvero priva delle condizioni di base per la sua sostenibilità“.

Protesta anche la deputata Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente, definendo la caccia un “rito barbarico e ingiustificabile … un esercito ben armato invaderà i boschi e le campagne, pronto a sparare su qualsiasi animale abbia la sventura di trovarsi sulla lista delle specie cacciabili sulla base di calendari venatori che in alcuni casi sfidano apertamente le norme europee e quindi procureranno nuove procedure di infrazione”.

In difesa della caccia la neonata federazione Fenaveri

In totale dissenso la neonata associazione Fenaveri, costituita durante lo scorso mese di luglio con l’obiettivo di “rilanciare” la politica della caccia attraverso un progetto che vuole essere “in sintonia” con tutte le sensibilità del paese.

La Federazione delle Associazioni Nazionali Venatorie Riconosciute, la cui sigla ufficiale è appunto FENAVERI, è stato costituito a Roma e si fregia delle firme di quattro importanti associazioni, la Federazione Italiana della Caccia, l’Enalcaccia, Arci Caccia e ANUU Migratoristi. Fenaveri difende il ruolo dei cacciatori: “Siamo utili, necessari nel controllo della fauna selvatica al servizio degli agricoltori e della collettività tutta. Per la tutela delle colture agricole serve l’uomo-cacciatore, il cinghialaio e il controllore, i loro fucili”.

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