Un libro sorprendente, denso di citazioni che si occultano egregiamente senza tormentare una prosa fluida che introduce ad una narrazione allusiva. Un mondo parallelo si apre, misterioso ma decisamente concreto, quasi più reale del reale … Comincia un’avventura ma anche una redenzione, attraverso antichi percorsi ritrovati, quasi casualmente, a pochi chilometri dal traffico di una metropoli in un fine inverno assai piovoso.
Risvegli, opera prima di narrativa di Marco Testi, edita da Robin edizioni (2023) continuerà il suo viaggio letterario prossimamente a Mentana, nella Biblioteca Comunale, via Crescenzio 11 – venerdì 10 novembre 2023 alle ore 17,30 – Interverranno il prof Umberto Massimiani, Roberto Tomassini e Marina Pasqui leggerà alcuni brani del libro. Sarà presente l’autore. INGRESSO LIBERO.
Presentata per la prima volta il 17 giugno presso il Monastero delle Clarisse Eremite a Fara Sabina da Maria Grazia Di Mario (giornalista) e Massimo Scialpi (psicoterapeuta psicoanalitico) narra di un personaggio che sembra subire uno stato di confusione mentale, così inconsapevole di dove lo sta portando il suo inconscio desiderio di fuggire, si inoltra in una fitta nebbia che diventa infine la sua guida, occultandogli il reale per accendergli una vista interiore.
L’atmosfera umida, piovosa, sembra introdurlo ad un percorso alchemico cominciando dalla Nigredo, o Opera al Nero, che rappresenta il caos primordiale emerso in lui e originato da vuoto lacerante sentito per la prima volta nella sua vita, una sensazione chiara di pre-morte che gli dà la sensazione dell’insensatezza del suo esistere “da intellettuale”, la cui parola ha da tempo perso ogni significato/funzione, divenendo mera esercitazione autoreferenziale.
Un incontro traumatico, spaventoso ma salvifico, gli farà capire cosa significa realmente abbandonare tutte le proprie certezze e rischiare la vita per il freddo, la fame, la paura, la solitudine, l’angoscia di non avere riferimenti ma per andare incontro all’altro, al diverso, nell’ascolto senza pregiudizi. Poi man mano che si procede con l’Opera al Nero inizieranno a verificarsi i primi sentori dell’Opera al Bianco scatenati da incontri interessanti ed impensabili, sempre all’interno di una solitaria Abbazia medioevale, ma che porteranno al distacco della sua personalità da tutte le gabbie rappresentate dai caotici schemi mentali che la imprigionano, per arrivare infine a percepire le cose con un altro organo di senso: il cuore. Il risultato è un amore incondizionato nei confronti della realtà.
Questa fase della Rubedo, l’Opera al Rosso, sarà caratterizzata dall’incontro con l’archetipo del Sé, risultato del percorso di individuazione. Tutto ciò è affascinante, ma in questo libro non succede solo questo, un interessante chiarimento viene dall’introduzione di Tito Schipa Jr
- It is not dying – non è morire – si presentava al mondo, anche allora replicata con dolce insistenza, nel momento in cui i Beatles si preparavano a consegnare al mondo quell’affresco totalizzante che fu ed è Sgt Pepper, il capolavoro di Poesia in Musica che, affiancato all’opera omnia di Bob Dylan, si porrà per sempre come riferimento obbligato per chiunque, nel futuro, voglia comprendere il sogno e la realtà (miracolosamente, brevemente coincidenti, questo fummo noi) della mia generazione. It is not dying mi aveva aperto la mente quando in mente m’era tornata appena trascorso un momento – forse IL momento – che ricordo come il mio passaggio, ma che subito mi appare come il passaggio di tutti coloro che furono a un attimo dal cambiare se stessi e il mondo. Si concluse quel passo? No, è evidente. Ma nella Storia mi pare di vedere gli effetti delle vere rivoluzioni sprofondare, assopirsi e riemergere a distanze di tempo ben superiori a una o due generazioni. Attendiamo… Nell’attesa, però, credo di aver capito, leggendo le pagine di Marco …
La musica, la poesia, la letteratura, l’arte è presenza costante nelle pagine di Marco Testi, tanto che ha pensato addirittura di mettere una dedica al libro che si esprime così:
- Una sera di ormai tanti anni fa, il maestro Carlo Gizzi mi portò in dono il CD della sua rielaborazione dei Carmina Burana. Forse perché il giorno dopo era festivo e non prevedeva la consueta alzataccia, quel CD risuonò nel mio studio fino a notte fonda: prima per un attento ascolto e poi come sottofondo dei miei lavori di preparazione delle lezioni, di recensioni e di costruzione dei miei libri. E non solo saggistica, perché ogni ascolto, protratto anche nei giorni, anzi, nelle notti a seguire, mi portava nuovi stimoli, con quelle voci che attraversavano all’indietro i secoli e tornavano alle origini giullaresche, vagabonde, ma nel contempo colte e articolate nello spirito di quello che abbiamo chiamato con una certa approssimazione medioevo.
E fu così che divenne il leit-motiv della lenta realizzazione di un racconto che avevo dentro da molti anni e di cui conoscevo solo il nucleo fondante: la storia di un uomo che decide di andarsene, attraversando così i sentieri di quanti, per libera decisione o per motivi contingenti, hanno abbandonato la loro vecchia vita.
A Carlo Gizzi, grato per il suo fecondo dono. A quanti hanno deciso di sparire per sempre senza lasciare traccia, in cerca di un nuovo senso, è dedicato questo libro.
Leggendo quest’opera mi è venuta in mente la cupa e piovosissima atmosfera di un film del 1994 casualmente visto in tv – Una pura formalità – regia di Giuseppe Tornatore, con la musica di Andrea Morricone ed Ennio Morricone, con la presenza di due grandi attori, Il commissario – Roman Polański e Onoff – Gérard Depardieu.
Una tempesta in un bosco, un colpo di pistola e un uomo che corre sotto la pioggia, ma quando raggiunge una strada ed incontra alcuni agenti delle forze dell’ordine che gli chiedono i documenti: cercandoli nelle tasche, si rende conto di non averli con sé. Gli agenti lo conducono quindi presso il loro commissariato. L’uomo si oppone ai militari, che devono faticare per sedare la sua aggressività. Il commissario, sopraggiunto nel frattempo, gli spiega che deve interrogarlo in quanto quella notte, nei dintorni, è stato commesso un omicidio, del quale, per assurdo, a detta dello stesso commissario, non solo sarebbe ignoto l’esecutore, ma non si saprebbe nemmeno chi possa essere la vittima.
Questi i primi elementi di una storia che inizia dalla fine e in oltre, a differenza del romanzo Risvegli, senza una conclusione salvifica. Però rappresenta bene lo stato confusionale e poi la disperazione di chi, nel mondo di oggi, ancora una volta cerca un proprio ruolo e il senso dell’esistenza, domande interiori alle quali Marco Testi dà risposte di natura combinatoria forse, ma aprendo un dialogo originale con coscienze e conoscenze attuali e storiche di rapporto con la realtà più vera del vero … Ecco alcuni passi del libro:
- Com’è fatta la realtà? Si sorprese a pensare. È quella che ci illustrano i notiziari? O possiede altra sostanza, e quello che sappiamo è lo zero virgola di qualcosa che è la vita individuale, che in alcuni casi non attraverserà mai i fatti narrati dai cronisti del nostro oggi? Stiamo dando un’immagine limitata del tutto. Stiamo facendo pensare che un poeta fosse così e così, rubandogli la sola cosa che contava, la vita, il pensiero, il rapporto con gli altri. Il suo perpetuo cambiamento che nessuno potrà mai dire. Il suo volere essere poesia, non solo scriverla. (…)
- Gli sembrò stupido, ma nel dormiveglia capì tutto. Capì persino perché stava scappando. Non era per lei. Né per il lavoro. Era per quello che si era finora nascosto dietro le cose, e che non si vedeva più se non aguzzavi lo sguardo, il vero sguardo, quello che non vede e non si vede. Però continuava il suo lavorio, sotto, sotto, nelle radici, a informare di sé questo mondo, come il suono dell’inizio, l’eco della grande origine che è celata in ogni cosa. Era il troppo, l’eccesso, era il ridicolmente superfluo. Il perdersi dietro cose non solo inutili, ma in grado di perdere te. La bestia aveva cambiato aspetto. Non marcava più il territorio per sopravvivere, ma per togliere agli altri. Per mangiare l’altro. Ebbe per un attimo la visione di quello che gli uomini intendevano per inferno …
MARCO TESTI vive e lavora nella campagna sabina. Insegna nella facoltà universitaria “A. Trocchi” collegata con la Pontificia Università Lateranense ed è anche storico della letteratura e critico letterario. Scrive per le pagine culturali dell’agenzia stampa della Cei, “Sir” e per altri quotidiani e periodici. Ha scritto libri – tradotti in altre lingue – sui rapporti tra letteratura, arti figurative e spirito del tempo tra Otto e Novecento, come Una città come mito (Chicca ed.), edito con il patrocinio della Presidenza della Repubblica, tradotto in inglese nel 2000. È stato insignito del premio Ettore Roesler Franz 2019 proprio per il suo lavoro di ricerca dei rapporti tra arte, letteratura e cultura.
Ha scritto nel 2007 Altri piani, altre valli, altre montagne. La deformazione dello spazio narrato in Con gli occhi chiusi di Federigo Tozzi (Pensa Multimedia, con tavole di confronto con alcuni artisti del Novecento).
Sui legami tra cultura e letteratura tra fine Ottocento e Novecento sono usciti anche Frammenti d’occidente (La voce del tempo ed.), Sentieri nascosti (Fili d’aquilone ed.) e, nel 2021, La cura. Il libro come salvezza dalla solitudine e dalla paura (Fuorilinea ed.).
Ha scritto libri sul romanzo storico (Il romanzo al passato, Bulzoni) e sul rapporto tra rivoluzione francese e letteratura (Tra speranza e paura: i conti con il 1789, Giorgio Pozzi ed.). Suo è anche un volume sulla poesia di Camillo Sbarbaro (Il poeta, il suo tempo, la città, Fermenti, 2014). Ha curato la voce La critica letteraria di Benedetto Croce per Italian Culture on the Net (IcoN), nel 2003. È autore del capitolo La voce di Rebora alle porte del silenzio nel secondo volume de La Bibbia nella letteratura italiana, realizzazione editoriale in due volumi sui rapporti tra Scritture e poesia diretta da Pietro Gibellini e Nicola Di Nino, Morcelliana, 2009. Sul nostro giornale un recente articolo sulle attività dell’autore – https://www.dailygreen.it/marco-testi-lezioni-su-tivoli-la-citta-come-mito/
TITO SCHIPA JR. è figlio d’arte: il padre Tito Schipa è stato il più grande tenore di grazia del ’900. Debutta con Then An Alley (l’“Opera Beat”), oggi riconosciuto universalmente come il primo esperimento mondiale di opera rock (1967). Diventa poi assistente di Giorgio De Lullo, Giancarlo Menotti, Luigi Squarzina e Lina Wertmuller.
Nel ’70 rappresenta al Teatro Sistina Orfeo 9, prima Rock Opera italiana originale e prima rappresentata nel mondo, che nel 1972 diventa un doppio LP Fonit Cetra. Nello stesso anno Orfeo 9 diventa l’opera prima di Schipa nella regìa cinematografica, con un film prodotto dalla RAI che nel 2008 sarà l’evento di chiusura della Mostra del Cinema di Venezia. Nel ’76 apre e inaugura, con il drammaturgo Mario Moretti, il Teatro in Trastevere, rappresentandovi L’isola nella tempesta, il suo secondo Musical. Nel ’78 crea e allestisce Er Dom Pasquale, le cui rappresentazioni iniziano nell’80 fino ad arrivare a Broadway nell’83, in un adattamento di Joseph Papp. Nell’89 inizia la traduzione dell’Opera Omnia di Bob Dylan e Jim Morrison, che lo porterà, tra libri dischi e concerti, a essere il principale traduttore italiano dei due giganti del rock mondiale.
I suoi Seminari sulla drammaturgia del melodramma “Opera Full Immersion” (1991) ottengono un vivissimo successo nel 1993 all’Università Orientale di Napoli, poi in vari enti didattici musicali come l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria, l’Accademia Musicale di Campobasso, l’accademia di Belle Arti di Roma e l’Università Popolare di Roma (UPTER). Attualmente prepara una nuova Opera Rock intitolata Gioia incentrata sull’argomento della spiritualità.