Appena uscito “Paisà, sciuscià e segnorine – Il Sud e Roma dallo sbarco in Sicilia al 25 aprile” degli storici Mario Avagliano e Marco Palmieri (Il Mulino, ottobre 2021). https://www.mulino.it – Il libro è stato presentato martedì 7 dicembre 2021, presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea a Roma (via Caetani 32). All’incontro, organizzato in collaborazione con Anpi, Insmli e Irsifar, hanno partecipato la direttrice della Biblioteca di Storia moderna e contemporanea Patrizia Rusciani, la ditrettrice dell’Irsifar Anna Balzarro, la storica Isabella Insolvibile, l’autore televisivo e scrittore Giancarlo Governi ed il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo. Ha moderato la giornalista della Stampa Maria Corbi. Presenti gli autori.
Il volume, attraverso una pluralità di fonti coeve: lettere, diari, corrispondenza, relazioni delle autorità italiane e alleate, giornali, canzoni, film ed archivi privati ma anche quelli di prefetture e istituti storici della Resistenza, oltre agli importanti Archivi Centrale dello Stato, Archivio diaristico nazionale di Pieve di Santo Stefano, Archivio dell’Ufficio storico dello Stato Maggiore dell’esercito, descrive il peculiare percorso di uscita dalla guerra dell’Italia, segnata da una profonda frattura tra Nord e Sud. (…) “alla feroce occupazione tedesca del centro nord si contrappone la convivenza forzata con i liberatori anglo-americani nel Mezzogiorno che, nel corso dell’estate sono sbarcati in Sicilia, in Puglia, a Salerno e infine hanno preso Napoli che nel frattempo è insorta. Roma invece, deve aspettare il 4 giugno del 1944 per essere liberata” (pag 11 del testo)
Questo percorso, dallo sbarco degli alleati fino alla liberazione di Roma, meno esplorato da studi storici sistematici, è stato definito “l’altro dopoguerra”. Nel libro si ricostruisce questo procedere della linea del fronte, arricchendosi di un racconto corale in cui, le vicende istituzionali e militari rimangono su di uno sfondo di accadimenti storici, mentre in primo piano i dettagli narrativi evocano quel clima vissuto in prima persona dai nostri padri o nonni, ovvero insieme ai grandi protagonisti la gente comune, immersa in atmosfere ai limiti dell’umana sopportazione, cioè fame, paura, sofferenza e la morte.
Gli autori riconoscono anche a Curzio Malaparte, scrittore geniale, ma anche un contestato, eccessivo e necessario testimone, il merito di averlo descritto ed anche averlo sofferto, citando infine una sua frase in quarta di copertina. L’ultimo capitolo di Kaputt infatti s’intitola “Il sangue” e “Quella parola suonava nuovamente come una parola divina” – e continua Malaparte in proposito:
– … “Tutti fuggivano la disperazione, la miserabile e meravigliosa disperazione della guerra perduta, tutti correvano incontro alla speranza della fame finita, della paura finita, della guerra finita, incontro alla miserabile e meravigliosa speranza della guerra perduta. Tutti fuggivano l’Italia, andavano incontro all’Italia”. (Mondadori, Milano 1979 p. 415)
C’è da dire inoltre, come annotano gli autori nell’Introduzione, che il loro – “libro è nato durante l’emergenza Covid-19, in un periodo che nel dibattito pubblico è stato spesso associato proprio allo spirito che caratterizzò gli anni della guerra, della Resistenza e della Ricostruzione.” – Questo non ha loro impedito di lavorare con la consueta professionalità, adottando uno stile pacato ma senza censure, con numerose citazioni da ricerche, testimonianze ed opere letterarie del periodo, cercando in quell’intimità con un’umanità sofferente, l’empatia della condivisione con il lettore, attraverso anche brevi inedite narrazioni di cronaca. E, come ha scritto Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, il 22 ottobre 2021:
- “La forza di questo libro è la ricchezza di frammenti di storie individuali che catturano e avvincono, ricostruendo in presa diretta la vita del Mezzogiorno e del Centro Italia dopo la liberazione”
Il saggio di Avagliano e Palmieri va a dimostrare inoltre che in questi due anni di guerra gli italiani del Mezzogiorno, iniziarono un percorso di vera discontinuità rispetto al passato, inseriti loro malgrado, in quella separazione (segnata dagli eventi e dalla stessa linea del fronte) tra il Regno del Sud e la Repubblica Sociale Italiana. Dopo la caduta di Mussolini e l’armistizio l’Italia subì infatti violenti bombardamenti, stragi, rappresaglie, stupri, rastrellamenti, saccheggi, sfollamenti ma solo da quando gli Alleati sbarcarono a Salerno, alla feroce occupazione tedesca del centro-nord si contrappose la convivenza forzata con i liberatori anglo-americani nel Mezzogiorno. A questo proposito, esaurita l’euforia della libertà riconquistata, emerse la consapevolezza che l’arrivo degli anglo-americani, simbolizzato dal pane bianco, dalle caramelle e dalle chewing-gum, non portava miracolosamente alla fine della miseria e invece, col passare del tempo, la presenza delle truppe alleate diventò sempre meno gradita ed ingombrante causa di degrado e sottomissione economica e morale.
- Dal punto di vista sociale, infine, il dopoguerra anticipato del Sud e di Roma, attraverso il confronto con l’agiatezza degli Alleati e gli usi e costumi in particolare degli americani (compreso quelli di origine italiana, i cosiddetti paisà), dal jazz agli occhiali Ray-ban, dalle jeep ai cibi in scatola, costituisce un primo assaggio, nel bene e nel male, di quell’american way of life che si sarebbe affermato negli anni Cinquanta con il boom economico e influenza in modo significativo l’opinione pubblica meridionale, che nelle elezioni del 1948 compirà una chiara scelta in favore del campo occidentale, consentendo alla Dc di sconfiggere il Fronte Popolare. (pag 17 del testo).
Riguardo a questo argomento segnaliamo che i due storici e giornalisti Mario Avagliano e Marco Palmieri, hanno scritto insieme un interessante saggio – “1948 Gli italiani nell’anno della svolta” (Il Mulino 2018) – vincitore del Premio Fiuggi Storia 2018 per la saggistica. https://www.aboutartonline.com/te-lo-ricordi-quel-18-aprile-il-1948-e-gli-italiani-in-un-libro-di-avagliano-e-palmieri/
Tornando al testo in oggetto, gli autori elencano i primi “segnali di resistenza” nel sud (sia con numerosi casi di militari che, all’indomani dell’armistizio rifiutarono di consegnare le armi ai tedeschi, sia attraverso conseguenti vicende di rivolta anche popolare) proponendo inoltre un panorama completo di questi episodi, soprattutto in Campania ed in Abruzzo, con la costituzione di diverse bande partigiane, pagandone un prezzo molto alto:
- La ritirata e il breve periodo dell’occupazione tedesca del Sud lasciano sul terreno migliaia di morti. L’Atlante delle stragi naziste e fasciste finora ha censito nel Mezzogiorno 942 episodi di violenza e 2.623 vittime, di cui l’86% civili, tutti dovuti alle forze armate regolari, perché nelle regioni meridionali (tranne l’Abruzzo) non sono presenti reparti delle SS, cui si aggiunge l’altrettanto sanguinosa esperienza della popolazione nel Lazio, con 1.060 vittime in 169 atti criminali. Né l’arrivo degli Alleati è sempre liberatorio e pacifico, specie dove si abbatte la furia delle truppe che si abbandonano a stupri e violenze, che passano alla storia come “marocchinate”, per il coinvolgimento dei reparti coloniali francesi. (pag 12 del testo e dati documentati in nota).
Seguendo l’indice, si può osservare come, in diverse sezioni, siano analizzati episodi tra loro interconnessi ma temporalmente separati, permettendo un dinamico approfondimento di cause ed effetti.
- Lo sbarco in Sicilia e il 25 luglio –
- L’armistizio e la battaglia per Roma –
- Lo sbarco a Salerno e in Puglia e la battaglia per Napoli –
- La ritirata tedesca tra stragi e rivolte –
- La rivolta di Napoli e la resistenza al Sud –
- Da Brindisi capitale alla Svolta di Salerno –
- La liberazione di Roma e il governo del Cln –
- Il dopoguerra povero dell’Italia liberata –
- Il rapporto con gli Alleati –
- Sciuscià, segnorine, stupri e spose di guerra –
- Le tensioni sociali e politiche e la criminalità –
- L’esercito del Sud, i volontari e il movimento «non si parte» –
- Stampa, teatro, cinema e musica
Nel libro si inquadra quindi un panorama variegato di Napoli, divenuta una sorta di capitale dell’Italia liberata, ancora sofferente per la fame e la povertà, divenuta endemica, dove imperava la borsa nera e la prostituzione, con tonalità così cupe da riguardare anche i bambini i famosi sciuscià, ma anche condizione estremamente vitale, dove nascevano giornali e si sviluppava Radio Napoli dalla quale usciranno alcuni degli intellettuali, giornalisti e scrittori più importanti del dopoguerra. Si evidenzia ancora come nella Southern Region (come fu definita dagli anglo-americani) la transizione dal fascismo alla democrazia avvenne in anticipo, ma con modalità assai differenti rispetto all’Italia settentrionale, cioè un minore afflato antifascista si coniugava con più disordine sociale ed una certa insofferenza verso il governo centrale, trasformatasi poi nel consenso per il movimento qualunquista, mentre gran parte dell’apparato dello stato – prefetti, questori, commissari prefettizi – operò all’insegna della continuità badogliana, frenando il cambiamento politico e sociale.
Ma l’epoca è anche di fermento politico, si tiene infatti il Congresso di Bari, prima riunione dei Comitati di Liberazione Nazionale, mentre in tutte le regioni del Sud i partiti dell’epoca pre-fascista e quelli nuovi iniziano a riorganizzarsi, aprendo sezioni nel territorio e tenendo affollati comizi nelle piazze. In Sicilia si sviluppa un esteso movimento separatista, in Sardegna soffia il vento dell’autonomia, e si ricostituiscono i sindacati e le associazioni, a testimonianza di una società civile vitale e della volontà di riaggregarsi attorno a strutture alternative al vecchio regime fascista.
Durante il breve periodo del Regno del Sud matura anche quella Svolta di Salerno con la quale Palmiro Togliatti, condurrà i partiti antifascisti nella coalizione di governo, mentre una novità rilevante sono le lotte contadine, dapprima elementari e spontanee, che – come scrivono Avagliano e Palmieri – mirano a frantumare l’assetto sociale e produttivo tardo/feudale delle campagne meridionali, basato sulla rendita parassitaria, mettendo in crisi il blocco agrario che tiene imprigionato il territorio e ne blocca lo sviluppo, rappresentando contemporaneamente un primo vero incubatore democratico della nuova Italia, manifestazioni che prefigurano la mobilitazione che caratterizzerà il movimento d’occupazione delle terre negli anni successivi.
Mario Avagliano, giornalista e storico, collabora alle pagine culturali del «Messaggero» e del «Mattino». Tra i suoi libri: «Generazione ribelle. Diari e lettere dal 1943 al 1945» (Einaudi, 2006) e «Il partigiano Montezemolo» (Baldini & Castoldi, 2012).
https://www.ibs.it/libri/autori/mario-avagliano
Marco Palmieri, giornalista e storico, è autore di «L’ora solenne. Gli italiani e la guerra d’Etiopia» (Baldini & Castoldi, 2015). https://www.ibs.it/libri/autori/marco-palmieri
Insieme hanno pubblicato numerosi volumi, tra cui, con il Mulino, «Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte» (2014), «L’Italia di Salò» (2016), «1948. Gli italiani nell’anno della svolta» (2018) vincitore del Premio Fiuggi Storia e «Dopoguerra. Gli italiani tra speranze e disillusioni» (1945-1947) il Mulino, Bologna 2019 – vincitore del XVIII Premio Pianeta Azzurro di Fregene (sezione saggistica). Ultimo in ordine di tempo, I militari italiani nei lager nazisti. Una Resistenza senz’armi (1943-1945), il Mulino, Bologna 2020 – finalista al Premio Acqui Storia 2020 ed al Premio Monte Carmignano per l’Europa 2020.