Home C'era una volta Quando tornarono gli E’ Zezi

Quando tornarono gli E’ Zezi

SHARE

Nel 2003 tornano gli operai nelle piazze d’Italia e anche loro si ritrovano dopo un po’ di tempo. È il 25 luglio 2003 quando arriva un nuovo disco degli E Zézi, il Gruppo Operaio per eccellenza

L’incontro tra cultura popolare e realtà di fabbrica

Gli E’ Zezi sono nati nel 1974 dal fecondo incontro tra la cultura popolare figlia della tradizione e la realtà di fabbrica di Pomigliano d’Arco, sede di quella che un tempo si chiamava Alfasud, poi Alfa-Fiat e poi chissà… La realtà che li circonda non è più quella delle origini ma non mollano. Del resto neanche la loro, di realtà, non è più quella dei tempi eroici. Litigi, cambiamenti d’organico e, soprattutto, una dolorosa scissione con la nascita di una nuova realtà musicale più “aperta al mercato”, sembravano averne segnato definitivamente la storia. Invece, a dispetto dei profeti di sventure, tornano con un nuovo album che promette, fin dal titolo, di fare il Diàvule a quatto. La formazione mescola il passato e il presente aprendosi a un futuro possibile. Basta scorrere i nomi della “banda” per capire che l’ensemble di Pomigliano d’Arco sta gettando un piccolo ponte verso l’eternità senza rinunciare alle radici. Accanto ad Angelo De Falco, infatti, ci sono Matteo D’Onofrio, Sebastiano Ciccarelli, Gaetano Caliendo, Massimo D’Avanzo, Claudio Marino, Gianni Mantice, Gloria Ettari, Vincenzo Salerno, Gerardo Balestrieri, Enzo Ciccarelli e Riccardo Veno.

Venti tracce

Le venti tracce del disco, come in un caleidoscopico gioco di rifrazioni e rimandi presentano un gruppo capace di mettersi maschere diverse senza perdere le caratteristiche fondamentali. C’è anche un aggancio riuscito tra i suoni antichi della taranta e la graffiante liturgia del rap in Ballo re’ pezzienti, un inno alla voglia di riscatto dell’umanità emarginata e dolente cui partecipano Luca Zulu e Papa J. L’apporto di questi ultimi non è l’unica contaminazione di un disco che vede le collaborazioni fiorire come i fiori di pesco a primavera. Ai brani, infatti, regalano il loro apporto personaggi come Daniele Sepe, la Contrabbanda di Luciano Russo, Antonello Paliotti, Lello Settembre, Peppe Bellobuono, Marzia del Giudice, Massimo Mollo, Marco Limatola e i Suoni di Terranova del Pollino. Tra le perle di questo lavoro c’è anche l’ennesima, ma non per questo ripetitiva, versione di Sole sulillo, un esempio della capacità comunicativa della tradizione espressiva popolare che apre e chiude l’album. Non mancano espressioni live pulsanti e travolgenti. Diàvule a quatto riporta alla ribalta un gruppo musicale che sa essere, insieme, un’entità politica e un agglomerato etnico.

Previous articleRonny Lang, la linea melodica del sax in “Taxi Driver”
Next articleOssigeno disciolto nell’acqua, cosa comporta?
Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".