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Prince, il genio insofferente

Il 7 giugno 1958 nasce a Minneapolis Prince o, come registrato all’anagrafe, Prince Rogers Nelson. La musica entra da subito nella sua vita visto che il nome Prince è un omaggio al gruppo di jazz da ballo in cui milita il padre. Cresce immerso nella black music ma affianca a quei ritmi anche una passione sfrenata per Jimi Hendrix, i Beatles e il rock pesante.

Un personaggio difficile da inquadrare

Talentuoso e imprevedibile il suo impegno artistico non può essere ricondotto a un’unica disciplina. Cantante, musicista, attore, regista e produttore ha percorso le strade musicali più varie, dal pop al soul, al jazz, al rock, al funk con la disinvoltura che è tipica dei grandi artisti, quelli che non accettano di farsi rinchiudere in un recinto stilistico perché la loro creatività s’abbevera ogni giorno a nuove emozioni. Le sue radici affondano nel rock quando dodicenne comincia a far parlare di sé nei locali della sua città e a diciotto anni è già una piccola star. Nel 1978 il primo album For you lo fa conoscere anche fuori dai confini degli Stati Uniti. Brani come I wanna be your lover, Uptown, When you were mine (più tardi riproposta da Cyndi Lauper), Controversy, e Let’s work segnano l’inizio di una leggenda fatta di trasgressione nei testi e mescole musicali mai tentate prima di lui. Il suo suono mescola il rock con la disco music e il suo personaggio sembra attingere ai grandi provocatori neri. C’è chi scrive che in lui si condensa la storia della black music da Little Richard a James Brown, da Sly Stone a George Clinton con un pizzico di Frank Zappa. Prolifico e capace ogni volta di stupire un album dopo l’altro negli anni Ottanta costruisce un monumento musicale imponente la cui sintesi inarrivabile restano gli otto minuti hendrixiani di Purple rain. I media fanno fatica a inquadrare il suo personaggio androgino, capace di suonare più di venti strumenti, che non sa leggere uno spartito e che dedica i suoi dischi a Dio.

Insofferente alla rigidità delle regole

Quando è ormai una stella di prima grandezza nel 1989 accetta la sfida di lavorare alla colonna sonora di uno dei film più attesi della stagione, il “Batman” di Tim Burton. Lo fa a modo suo lavorando a un album che lui deliberatamente propone come “ispirato al film” e slegato, dal punto di vista funzionale, dalle necessità di sonorizzare le azioni sulla scena. Il risultato è quello di slegare il destino della musica da quello del lungometraggio. Mentre la critica statunitense accoglie con freddezza il film di Burton l’album di Prince vola altissimo nelle classifiche. Nei decenni successivi sviluppa ancora di più la sua insofferenza nei confronti delle regole, anche di quelle dell’industria discografica. Quando si accorge che la Warner Bros ha registrato il suo nome artistico come un marchio, lo cancella pubblicando dischi nei quali si firma con un simbolo. Entra da protagonista anche nel nuovo millennio, instancabile sperimentatore e altrettanto instancabile nel frantumare ogni consolidata certezza. La sua creatività non ha gabbie e nemmeno la sua curiosità È uno dei primi artisti a vendere musica online, ma è anche tra i primi a frantumare le certezze di Internet e dei social network. Nel luglio del 2015 ritira tutti i suoi brani dalle grandi piattaforme di musica in streaming  per lasciarli solo su una piccola realtà creata dal rapper e produttore Jay Z. È tra i primi artisti a utilizzare i social per comunicare con i suoi fan ed è anche il primo a chiuderli quando si accorge che gli stanno sfuggendo di mano. La sua carriera si conclude il 21 aprile 2016 quando muore nel residence dove vive alle porte di Minneapolis.

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