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Poesia e impegno, parla Enrico Vergoni

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Enrico
Il poeta marchigiano Enrico Vergoni, autore del libro "Lettera a una figlia"

Parlare di poesia significa spesso  trattare di tematiche come l’amore, la solitudine e il rapporto con gli altri. Ma sovente ci dimentichiamo che i versi possono assumere anche una connotazione politica e sociale descrivendo così i tempi che viviamo. È il caso del poeta marchigiano Enrico Vergoni con il quale abbiamo approfondito alcuni aspetti della sua letteratura.

Enrico Vergoni, tra poesia e sociale

Enrico, in quindici righe come ti descriveresti?

Come uno che sta in porta a respingere! Il compito dei poeti in questo tempo di poca luce è quello di un soldato di guardia, colui che custodisce la “Parola”ovvero lo “spazio sacro” in cui deve regnare il silenzio della presenza perché la Poesia non è solo un testo ma è soprattutto forma d’esistenza e di resistenza contro la possibilità, non del tutto remota, che la bellezza, sempre più oltraggiata, non riesca a salvare il mondo. Come “agnelli afoni” esercitiamo il nostro dovere di cittadinanza auspicando e favorendo la rinascita di un nuovo modo dell’ “essere uomo”, un nuovo umanesimo contrapposto a questa nostalgia della luce (il passato che fu!) che ci impedisce di correre in avanti. Personalmente definisco l’Enrico Vergoni poeta come uno scribacchino, un artigiano della parola che fa uscire versi facendosi tagli al cuore.

Passiamo alle tue creazioni poetiche, Enrico. Hai esordito con Tango e Cenere continuando con Lettera a una figlia (Rupe Mutevole, 2015). Quali i punti di contatto tra i due libri?

Il primo libro è stato scritto per me, in pochi mesi. Versi scritti con la tastiera del telefonino senza sapere neanche il perché e quello che avrei trovato in questa forma di pellegrinaggio dell’anima. Mi ha sorpreso poi che molte persone, anche nella traduzione spagnola, hanno identificato quei versi con la loro vita facendoli propri. Questo all’inizio mi ha spaventato perché vedevo la scrittura come un atto puramente egoistico che non doveva arrivare a nessun altro; poi ho capito che essere poeta significa mettersi al servizio degli altri e ho iniziato a scrivere il secondo libro Lettera a una figlia, che mi ha impegnato lungo quattro anni di ricerca ed è nato dall’esperienza che feci con alcune scuole, lavorando con i ragazzi.

Ecco, fissiamo l’attenzione sul tuo ultimo lavoro, Enrico. Quali sono le tematiche che hai preferito trattare nelle pagine di Lettera a una figlia?

È una mia lettera a una ipotetica figlia adolescente; nessuna verità preconfezionata e nessuna volontà di redigere un manuale perché considero la poesia non come una verità decifrabile ma come uno sturm und drag che mette in discussione tutto ciò che ognuno di noi crede di sapere, concedendo all’altro (al lettore) la possibilità di essere sé stesso. Cosa fondamentale per la crescita dei nostri ragazzi sempre più sbattuti da un relativismo morale e tecnologico che poco consente di ancorare la loro esistenza a punti fermi e non provvisori e che li faccia scappare da una visione troppo stereotipata della realtà e del mondo. Un poeta deve avere una visione, sentire lo spirito del tempo prima degli altri e lanciare il grido come la sentinella del profeta Isaia a cui si chiede di indicare a che punto sia la notte e quanto distante sia il bagliore dell’alba. Vedo la poesia non come la custodia delle ceneri ma come un tenere acceso il fuoco, l’essere silente ma mai assente lungo le strade di questi nostri giorni! Gli adolescenti di oggi sono tutto tranne che stupidi e senza morale; anzi pur vivendo in un periodo di forti cambiamenti vi si adattano benissimo, sentendosi cittadini europei più di tutti noi nati prima. Fosse per me, darei il diritto di voto ai sedicenni e lo toglierei a qualcuno più attempato che rappresenta il vero freno di questa nostra Italia.

Enrico, hai degli autori di riferimento sia classici che contemporanei?

Ho una cultura classica e il mio primo amore è stato Cicerone sui banchi del liceo! Poi sicuramente, essendo un appassionato di teologia, tutti i grandi autori cristiani soprattutto del primo secolo come San Agostino, San Giovanni Crisostomo e altri Padri della Chiesa; anche se lo scrittore che più ha influito nella mia vita è stato Cesare Pavese, che ho scoperto a vent’anni e non ho più lasciato.

Enrico
La copertina di “Lettera a una figlia”

Di quest’autore piemontese amo le poesie, la passione civica e il modo di vivere l’amore rendendolo tutt’uno con le sue opere che consiglio sempre di leggere ai ragazzi ed alle ragazze (insieme a Calvino) quando ho il piacere di incontrarli.

Progetti futuri in cantiere, Enrico?

Sto scrivendo il mio primo romanzo, ormai alle battute finali, che s’intitolerà Tua Madre, la storia di una donna ambientata nella Milano degli anni ottanta e novanta; un ritratto anche politico e sociale di questo paese passato troppo in fretta dalle battaglie sociali degli anni settanta al “rampantismo pubblicitario” dei due decenni successivi che hanno trasformato il ruolo della donna in questo paese: da protagonista attiva di grandi battaglie come il referendum sul divorzio o la legge 194 a “oggetto di consumo” in trasmissioni televisive del periodo o film cosiddetti nazionalpopolari come i cine-panettoni. Ovviamente non lascio la poesia, che rimane sempre il granello di senape nel buio dell’anima di Enrico Vergoni; anzi come per un bambino, Lei è la sabbia con cui costruisco castelli, magari di forme sempre diverse, ma fatti della stessa Sua materia.