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Pietruccio Montalbetti: «Il viaggio aiuta al rispetto del mondo»

Pietruccio Montalbetti

Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik, lo storico gruppo musicale degli anni ’60, ci racconta il suo grande amore per i viaggi.

Conosciuto come il fondatore, nonché voce e chitarra della famosissima band che in quegli anni faceva sognare luoghi esotici a migliaia di ragazzi, non tutti sanno che Pietruccio è un grande amante della natura, degli animali e di viaggi. Il viaggio inteso come libertà e movimento, come percorso che ci avvicina verso altri mondi, luoghi e persone, ma soprattutto verso noi stessi.

Pietruccio Montalbetti, il ragazzo di Sognando la California e L’Isola di Wight, ha sempre avuto la passione per i viaggi?

Sì, da piccolo volevo fare l’esploratore. Per una serie di casualità ho fatto il musicista, amo la musica ma il sogno di esplorare mondi nuovi non mi hai mai abbandonato. Ed è stata proprio la musica a darmi la possibilità di iniziare a viaggiare. Il viaggio è cominciato tanto tempo fa con il successo. All’epoca con i Dik Dik viaggiavamo tantissimo ma si sa, per lavoro ti sposti, tocchi terre lontane ma non vedi quasi niente. Passi tutto il tuo tempo negli aeroporti, negli alberghi, sei più un turista che un viaggiatore, due cose molto diverse.

Però avevi la possibilità di conoscere tante città, persone, culture differenti.

Sì ma per me non era abbastanza. Mi sembrava di perdere tempo, di non cogliere la vera essenza delle cose che trovavo nei posti dove andavo. E’ iniziato tutto molti anni fa. Ero in tournèe con il gruppo in Colombia, dove siamo rimasti per qualche tempo. Dopo venti giorni che ero lì ho deciso che dovevo partire e così ho organizzato una spedizione in Amazzonia, da solo. E’ stato il mio primo viaggio in solitaria. Mi sono affidato a delle guide locali e sono partito, un’esperienza unica ed ho capito che era quello che avrei sempre voluto fare.

E infatti ne sono seguiti molti altri.

Ho visitato il Messico, il Guatemala, lo Yucatan, ho studiato le città Maya. Sono stato in Perù, in Bolivia, in Ecuador. Ho vissuto tre settimane nella foresta Amazzonica, nella parte più ostica, in zone inesplorate. Ho incontrato delle tribù primitive una delle quali non aveva mai avuto contatti con la nostra civiltà. Per raggiungere il posto dove vivevano  ho impiegato tre settimane in canoa accompagnato da cinque Indios. Ho incontrato la tribù nota come I tagliatori di teste con cui ho condiviso una parte della mia permanenza lì.

Una scelta precisa dunque quella di viaggiare da solo.

Sì. Ovviamente mi documento, faccio delle ricerche e una volta sul posto mi affido a delle guide locali. Ma viaggio da solo. Sai per lavoro sono costretto, anche se mi piace, a stare in mezzo alla gente. Sento il bisogno di isolarmi, di ritrovare me stesso restando in movimento. Come dice un proverbio cinese chi viaggia solo, viaggia leggero. Il mio concetto di vita è un po’ una sintesi tra la filosofia di Chatwin e quella di Kerouac. Mi reputo un viandante. Mi piace spostarmi con i mezzi dei popoli che abitano quel posto, mangiare e dormire come loro. Mi immergo completamente in quella realtà. Ho mangiato di tutto, sono andato a caccia nella foresta con gli Indios, ho mangiato bruchi, ragni, serpenti. Mi piace scoprire tutto di un luogo e cercare di capire ogni cosa anche se non sempre è possibile. Sono stato cinque volte in India, paese meraviglioso e affascinante ma ancora, posso dire di non conoscerlo bene.

Pietruccio i tuoi viaggi sono spesso delle vere e proprie imprese. Hai fatto trekking in Tibet, hai scalato la montagna più alta delle Ande, l’Aconcagua di 6.962 metri dopo essere arrivato un anno prima, in cima al Kilimangiaro. Tutto ciò richiede anche una preparazione fisica adeguata.

Sì, una preparazione fisica e mentale. Mi alleno costantemente, vado in palestra tutti i giorni. Ora ho due progetti che mi piacerebbe realizzare: la Patagonia e il Polo Sud. Però richiedono molto impegno, sono imprese non facili, ci vuole tempo per organizzarle. Ci vuole anche un po’ di follia mista a saggezza.

Quel giusto mix di saggezza e follia che ti ha portato a settant’anni a scalare il Kilimangiaro e ad arrivare sulla vetta dell’Uhuru Peak a 5895 metri dal livello del mare. Da questa esperienza ne è nato anche un libro “Sognando la California, Scalando il Kilimangiaro”, edizioni Aerostella. 

Scalando il Kilimangiaro è il mio secondo libro (“I ragazzi della via Stendhal, ritratto di una generazione” è il primo, ndr), è una raccolta di aneddoti, riflessioni, racconti, fotografie di questa fantastica avventura ma anche di altri miei viaggi. Mi piace scrivere, mi aiuta a riflettere, a capire meglio l’essenza della vita. Scrivo di viaggi, del mio vissuto, di cose di fantasia. Ho altri otto libri pronti. Il prossimo che uscirà è un libro sulla mia amicizia con Lucio Battisti, ma non sul Battisti che noi tutti conosciamo, su Lucio ragazzo, quello che ho conosciuto prima ancora che diventasse famoso. Storie umane, piene di speranza. Lucio era uno di famiglia, la mia famiglia lo aveva praticamente adottato e io gli volevo bene come a un fratello. Un ritratto inedito del noto cantautore.

Anche da quest’intervista viene fuori un ritratto se non inedito, singolare del Pietruccio artista che conosciamo. Cosa ti porti dietro ogni volta al ritorno da un viaggio?

Tante cose, ogni volta diversissime. Il viaggio rappresenta una scoperta verso se stesso prima ancora che verso luoghi sconosciuti. Sviluppa un senso della democrazia totale, si impara ad amare anche quello che è diverso. La gente crede di conoscere il mondo attraverso le immagini o una certa realtà attraverso un documentario in televisione. Ma niente può riprodurre le emozioni di un luogo con i suoi suoni, i suoi colori e odori. L’uomo ha perso il contatto con la natura. La tecnologia, il progresso ci hanno aiutato, è vero, ma abbiamo anche perso tanto. Abbiamo perso i nostri sensi! Mi vengono in mente le spedizioni di caccia del popolo Aucas. Sono soli lì in mezzo alla foresta, cacciano con delle ‘cerbottane’ lunghissime di circa quattro metri, con l’aiuto di tutti i loro sensi. La vista, l’udito, l’olfatto. Viaggiando si impara ad utilizzare al meglio le nostre risorse ed il rispetto per il proprio corpo, unico e irripetibile. Come la vita.

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