Malgrado la povertà di argomenti e di proposte da offrire alla pubblica opinione da parte delle varie forze politiche, la campagna elettorale per le Politiche 2018 rappresenta comunque una ghiotta occasione per riflettere sui meccanismi e sulle dinamiche che vengono attuate dai vari candidati in questo genere di appuntamenti. Per approfondire le tematiche inerenti a una campagna elettorale, abbiamo interpellato il giornalista Gennaro Pesante, autore del volume appena uscito per le edizioni Historica Lezioni di campagna elettorale. L’importante è partecipare.
I segreti di una campagna elettorale, parla Gennaro Pesante
Gennaro, è appena uscito il tuo Lezioni di campagna elettorale (Historica, 2018). Non offri alcuna verità precostituita ma una serie di consigli pratici agli aspiranti candidati. Possiamo definirlo una sorta di Vademecum per una corretta campagna elettorale?
Le lezioni di campagna elettorale che propongo nel libro sono nate un po’ per gioco e hanno un’impostazione ironica ma, tra le righe, ci sono dei precisi suggerimenti sulle cose da fare e, soprattutto, sulle cose da non fare. Diciamo che offro degli strumenti utili che possono servire alle diverse tipologie di candidati ma, molto spesso, anche a coloro che fanno parte degli staff di una campagna elettorale.
Mi ha colpito molto il primo capitolo del libro dedicato ai sistemi elettorali. Davvero c’è molta ignoranza da parte dei candidati sul sistema elettorale con il quale intendono correre? Ti sono capitati casi del genere?
Quella che intendo evidenziare nelle pagine del libro è una riflessione generale, specie per noi che facciamo i comunicatori, sui vari sistemi elettorali sia per quanto riguarda le politiche che le amministrative.
Infatti, capita spesso di vedere candidati che si cimentano nell’agone elettorale con campagne sbagliate o sovradimensionate perché non comprendono che ogni sistema elettorale ha una comunicazione più adatta a un preciso contesto e tarata in base a determinate esigenze. È noto come le amministrative siano diverse dalle politiche e dovrebbe essere superfluo sottolineare come le cose cambino da città a città se pensiamo che Roma non è Pordenone. Per cui, è opportuno ragionare in primo luogo sul contesto generale, su come si crea il consenso e quali sono le sue dinamiche, e poi concentrarsi sulla relativa campagna elettorale.
Nell’Era dei social network e dei media di massa, moltissimi candidati puntano le loro fiches sulla comunicazione. Da questo punto di vista, basta evocare il nome del guru Jim Messina. Dalle pagine del tuo libro, invece, emerge un altro spaccato. Sembra proprio che ci siano altri elementi possono contribuire al successo di una campagna elettorale o al fallimento di un’altra.
Rispondo con un aneddoto. Tempo fa, durante la campagna elettorale per le amministrative a Roma, m’è capitato di passeggiare in un parco di Roma e di osservare un candidato al Comune distribuire volantini e fermare le persone per farsi conoscere. Lo faceva, però, in maniera sobria ed educata. Ecco, trovo questo un sistema di campagna elettorale profondamente legato al nostro modo di essere italiani che favorisce il contatto diretto con le persone. Senza scomodare l’ormai leggendario Jim Messina, posso dire che l’errore che commettono oggi molti candidati è che fare un post su Facebook o mandare un Tweet possa supplire alla classica stretta di mano o al tradizionale porta a porta.
Esistono varie figure impegnate in una campagna, dal Capo staff al comitato elettorale per arrivare ai collaboratori. Sembra che un candidato debba essere anche un buon allenatore a quanto pare, un vero e proprio team-builder.
In genere dovrebbe essere così. Un candidato deve essere il classico leader che sa ispirare le persone che stanno intorno a lui perché, a ben pensarci, è decisamente degradante lavorare in un clima avvelenato e pieno di malumori. Ogni candidato dovrebbe circondarsi di persone che abbiano a cuore il progetto, specie tra i membri dello staff, che sappiano fare bene e con professionalità il proprio lavoro senza scivolare negli eccessi dati dal “credere in una causa” che possono facilmente rovinare i rapporti sia personali che professionali.
Vogliamo spendere qualche parola sulla figura dell’addetto stampa?
È una figura spesso sopravvalutata in quanto molti candidati pensano che investire nella comunicazione possa supplire alla carenza di politica senza dimenticare che i social network hanno amplificato questa ansia da prestazione.
Nel mio libro evidenzio, innanzitutto, l’importanza del contesto in cui si svolge la campagna elettorale (Municipio, Comune oppure Politiche), dove ha senso arrivare e, soprattutto, cosa fare una volta capito lo scenario di gioco e gli obiettivi da raggiungere. L’addetto stampa, da questo punto di vista, si configura più come un lobbista che come un redattore di comunicati in quanto ha il compito di arrivare a più soggetti (elettori, giornali o TV) potenzialmente interessati al messaggio del candidato.
Un’ultima battuta non possiamo non dedicarla al rapporto tra cinema e politica in tema elettorale. D’altro canto, anche le tue pagine sono piene di riferimenti a film e serie tv come Power o House of cards.
Sono un grande appassionato di cinema e televisione e quindi, con la circostanza del libro, ho colto l’occasione per rivedere certe pellicole. Mi è sembrato il modo migliore per rafforzare i concetti espressi nelle pagine e mi è sembrato adeguato associare ogni lezione, non tanto al film o alla serie tv, ma a una serie di caratteri che, a mio parere, offrono ulteriori elementi a rafforzamento delle mie tesi. Che poi è anche un modo, spero, per i lettori per scoprire (o riscoprire) certi personaggi, di film e serie tv che è sempre bello rivedere.