Il 7 gennaio 2003 molti giornali parlano di una sorprendente dichiarazione del rapper Kurtis Blow per il quale «Anche il rap può essere uno strumento per far conoscere la parola di Dio»
The hip-hop church
In quel momento Blow è tutt’altro che uno sconosciuto alla ricerca di un po’ di popolarità. È stato il primo rapper a essere scritturato da una major ed è considerato, infatti, uno dei grandi esponenti della cultura hip hop fin dal 1979 quando il suo The breaks ha fatto il giro del mondo. La dichiarazione serve a dare peso a un suo ambizioso progetto. L’artista è tra i fondatori di “The hip-hop church”, un progetto che intende utilizzare la musica hip hop per togliere i giovani delle periferie nere dai rischi della strada e portarli all’impegno nelle comunità religiose.
Linguaggi nuovi per la predicazione
«Dobbiamo far capire ai giovani la grandezza del disegno di Dio. Per far questo occorre rendere più immediata e comprensibile la Sua parola utilizzando linguaggi che loro capiscono. Il rap è uno di questi», dichiara Blow. La “hip hop church”, oltre a lui, schiera una band, un coro e alcuni break dancer e agisce nelle chiese producendosi in rime d’argomento religioso su ritmiche hip hop fornite da un dj posto sotto l’altare. L’idea ottiene consensi ed è destinata a durare nel tempo. Lo stesso Kurtis diventa un predicatore pur senza rinunciare a lavorare nell’ambiente musicale. Le prime ad accogliere con entusiasmo il suo progetto sono state due parrocchie di Harlem a New York: la Abyssinian Baptist Church sulla 138a strada e la Zion Church sulla 146ma.