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Peppino Mazzotta: «La natura fa parte di me»

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Peppino Mazzotta

Peppino Mazzotta, classe 1971, attore di cinema e di teatro, suo grande amore, conosciuto al grande pubblico soprattutto per il personaggio di Fazio, il fidato ispettore della famosa serie televisiva Il commissario Montalbano, nata dalla penna di Andrea Camilleri. Nonostante l’età, la serie televisiva ha dimostrato di essere tra le prime nel cuore degli italiani e non solo, la serie è diventata, infatti, un fenomeno internazionale. Alla sua ottava stagione, Il commissario Montalbano nel 2013 è stata la fiction in assoluto più premiata dagli ascolti raggiungendo una media del 35,98% di share con più di dieci milioni di telespettatori per i quattro episodi andati in onda. Un risultato eccezionale. E’ incredibile pensare che oggi il prodotto televisivo nato dalla penna di Camilleri ha raggiunto, sommando tutti gli episodi comprese le repliche, oltre gli 800 milioni di telespettatori.

Come si comporta Peppino Mazzotta nei confronti dell’ambiente?
Sono molto sensibile a quest’argomento, mi sta molto a cuore. Sono cresciuto in montagna, in Calabria, in mezzo alla natura e agli animali fino ai 21 anni. Quando trascorri tutta la prima parte della tua vita a contatto con la natura, essa continuerà a far parte di te. La mia è una famiglia legata alla terra e che coltivava mais, grano. Ora vivo in città e mi manca moltissimo il contatto quotidiano con la terra, sia le grandi che le piccole cose legate ad essa. E’ molto diverso andare a comprare la frutta al supermercato dal coglierla dall’albero e mangiarla lì per lì.

E nella vita di tutti i giorni?
Cerco di dare un contributo. Sto attento al risparmio energetico, a differenziare la spazzatura. Non so quanto serva e in che modo possa essere utile però è importante, anche solo per me stesso. Vivo a Napoli da due anni, mi trovo bene ed è una città che conosco benissimo. Qui le cose sono molto complicate. Ora stiamo vivendo una situazione come saprai, tremenda. Mi riferisco al dramma dell’avvelenamento del territorio casertano. La Campania sta vivendo una vera e propria tragedia alla quale nessuno sembra farci caso. Mi rendo conto che chi non vive qui non ne sa molto nonostante la vastità di un problema che riguarda tutti. Per questo sto aiutando come posso, il movimento ‘Terra dei fuochi’. Cerchiamo di veicolare i messaggi su questo fenomeno, di dare un po’ di visibilità alla situazione. Quello che facciamo è di costituire un movimento mediatico parallelo. Si tratta di territori avvelenati, contaminati da centinaia di anni, coltivati ed abitati. Chi ci vive subisce una strage prolungata nel tempo e solo se ci vai, se incontri le persone e ci parli, ti rendi conto dell’entità del problema. E in tutto questo l’informazione è insufficiente. Gli organi di stampa non danno così tanto risalto a questa brutta storia del nostro Paese. Finalmente sono cominciate ad arrivare le sentenze, i sequestri. Purtroppo il governo è impegnato a fare altro, ma si tratta di una cosa di vitale importanza, tanto quanto la faccenda di Lampedusa. Sembra non ci sia la volontà di risolvere il problema da parte degli organi preposti. Quei territori lì hanno la più alta percentuale di malati di tumore dai 0 ai 40 anni. Si ammalano non solo le persone grandi ma anche i bambini. E la politica non se ne vuole occupare.

Perché secondo te?
Ci sono tanti anni di collusione, occuparsene significherebbe probabilmente scoperchiare troppe pentole. Si demanda alla magistratura che però, come sappiamo, ha i suoi tempi. E questo succede anche in Calabria, in Sicilia. Purtroppo non possiamo fare tanto, possiamo solo impegnarci e far conoscere il fenomeno.

C’è qualcosa che fai di non ecologicamente corretto?
No, come ti ho detto è una faccenda che mi sta molto a cuore. Forse qualche volta mi è capitato di buttare nella spazzatura una pila, ma solo perché dove stavo non c’era modo di smaltirle.

Peppino, adesso a cosa stai lavorando?
Sto per iniziare a girare un film che andrà avanti fino a gennaio. Tre mesi di riprese e dopo inizierò a lavorare ad uno spettacolo teatrale.

Ci puoi anticipare qualcosa sul film?
Posso dire che è un film importante, di un regista importante e che spero avrà anche un successo importante, ma di più non posso dire, sono scaramantico.

Non diciamo nulla allora… Peppino, invece per quanto riguarda il fronte Montalbano? Possiamo aspettarci nuove avventure del meraviglioso personaggio di Fazio, che tutti ormai amano?
Ancora non ci sono notizie certe. E’ probabile che la Rai, soprattutto dopo gli ascolti importanti che Montalbano ha ottenuto nella scorsa stagione, prepari altre puntate. Quest’anno Il commissario Montalbano ha vinto, come serie tv campione di audience, l’Excellence Award (Il Roma Fiction Fest, giunto alla sua settima edizione, ha attribuito alla serie tv, uno dei quattro premi all’eccellenza artistica, ndr).

Peppino, sono più di quattordici anni che reciti nel ruolo di Fazio, il braccio destro del famoso Salvo. Com’è vestire i panni di un personaggio così tanto a lungo?

Sì, quattordici anni sono tanti, posso dire che il personaggio è cresciuto con me. C’è stata un’evoluzione anche fisiologica oltre che narrativa. Fisiologica perché dopo tutti questi anni si è modificato il mio rapporto con Luca con il quale è nata un’amicizia profonda, proprio come nella fiction, il rapporto tra il commissario e Fazio. E poi dal punto di vista narrativo, Camilleri ha cominciato a scrivere di più sul mio personaggio, a dargli sempre più spazio.

Quanto ti somiglia il precisissimo ispettore, sempre così impeccabile e affidabile?
Beh, un po’ mi assomiglia. Come lui anch’io sono un tipo preciso, mi impegno nelle cose che faccio. Poi però lui sicuramente è più limpido di me, essendo un personaggio non ha quei lati oscuri che io come essere umano ho.

Quali sono questi lati oscuri di Peppino Mazzotta che butteresti via, e quali invece, le cose che più ti piacciono di te e che ricicleresti?
Butterei via sicuramente la mia fragilità, sono uno che si scoraggia facilmente. Proprio per questo m’impongo una disciplina. Riciclerei invece la mia forza di volontà perché mi aiuta a vincere questa fragilità che mi caratterizza.

Sicuramente il teatro ti avrà aiutato con quest’aspetto del tuo carattere.
Assolutamente. Il teatro è un allenamento straordinario. Un allenamento psicofisico incredibile che ti mette in contatto con le tue fragilità, appunto. Ogni giorno, quando lavori su un personaggio, su un ruolo, lavori su di te, fai una ricerca su te stesso.

Grazie mille Peppino per tutto e in bocca al lupo per i tuoi progetti.
Crepi.