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Trivelle tunisine, la marea nera minaccia Lampedusa

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foto di Bilel Messaoud

Alla vigilia del Referendum sulle trivelle e nonostante gli sforzi degli ambientalisti e delle tante organizzazioni non governative, regna ancora in Italia scarsa informazione sul tema e sull’incidente appena avvenuto in acque tunisine. I media ufficiali si guardano bene dal diffondere la notizia e quindi la stragrande maggioranza delle persone non sa nulla o quasi del referendum e non ha la minima idea del rischio che si corre a non agire.

Marea nera a largo di Lampedusa alla vigilia del referendum trivelle

La notizia è di qualche giorno fa, ma nei media ufficiali non ce n’è traccia se non in qualche caso isolato e comunque non in prima pagina come si dovrebbe.

Bizzarro, visto che siamo alla vigilia di un referendum che proprio di questo tema si occupa: la terribile prospettiva di essere coinvolti in un qualsivoglia incidente che possa provocare fuoriuscite di petrolio in un mare come il nostro, piccolo, quasi chiuso, sovraffollato e già sufficientemente inquinato.

Una prospettiva piuttosto reale, visto che in una delle piattaforme della Thyna Petroleum, società tunisina che si occupa della trivellazione del mare al largo delle coste di Sfax, un incidente è già avvenuto il 19 marzo scorso ed ha provocato un ingente sversamento  di petrolio a causa di una avaria nel pozzo “Cercina 7”, situato a 7 km dalla costa tunisina e solo a 120 km da quelle di Lampedusa.

La marea nera ha invaso uno dei più spettacolari habitat della Tunisia, le coste delle isole Kerkennah ed ha risparmiato per il momento Lampedusa, ma solo perché la corrente ha trasportato l’imponente chiazza di petrolio verso quella zona.

Trivelle nel mediterraneo, un rischio da non correre

La superficie dell’intero Mare Mediterraneo non arriva a 3 milioni di km2 (compreso il Mar Nero) : una porzione minuscola, molto meno dell’1% dell’estensione totale degli oceani terrestri. In un mare così piccolo, possiamo davvero immaginare cosa accadrebbe se il petrolio si riversasse nelle sue acque? Non dobbiamo comunque fare un grande sforzo, dato che questa prospettiva sta già avvenendo nel silenzio dei media italiani, mentre la lunga marea nera si sta avvicinando alle coste sud di Lampedusa.

Gianfranco Zanna, presidente regionale siciliano di Legambiente, prega che questo incidente non sia sottovalutato, soprattutto per via della posizione geografica della piattaforma; intanto il ministro dell’ambiente tunisino Nejib Derouiche, dopo aver personalmente ispezionato la zona, ha chiesto al governatore di Sfax di indire con urgenza una riunione alla Commissione Ambientale, affinché si decida per le opere di bonifica.

Le organizzazioni ambientaliste dichiarano che gli scogli delle spiagge sono già neri di petrolio nonostante la società Thyna Petroleum Services stia cercato di minimizzare l’incidente informando che si è trattato “solo” della rottura di un tubo di 10 mm di diametro.

Lampedusa resta a rischio.

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