Nelle piante c’è un vero e proprio “interruttore” che ne regola la crescita e tutte le attività cellulari. Il suo funzionamento è stato per la prima volta scoperto dai ricercatori dell’Istituto giapponese Riken che hanno pubblicato i risultati sulla rivista The Plant Cell. Si tratta di un vero interruttore molecolare che “impartisce” ordini alle piante adattando tutte le funzioni necessarie per il loro sviluppo.
La crescita nelle piante è regolata da un interruttore
Questa specie di interruttore molecolare consente alle piante di nutrirsi, di regolare il trasporto delle sostanze nutritive e di consentire loro di adattarsi alle diverse condizioni di luce. Si tratta di una proteina, nota come BIL-1, che regola l’attività di oltre 3mila geni. Non è poco se si considra che una pianta come l’Arabidopsis (utilizzata negli studi di genetica) ha un genoma composto da 30mila geni in totale.
Si tratta, insomma, di un vero e proprio motore per la crescita con un funzionamento spiegato dagli stessi ricercatori. La proteina entra all’interno del nucleo della cellula e se fino ad ora non era chiaro come accadesse, proprio i ricercatori hanno scoperto che questo complesso procedimento avviene grazie all’intervento di alcuni ormoni vegetali chiamati brassinosteroidi. I brassinosteroidi (BR) sono un gruppo di fitormoni steroidali. “Fu – spiega Wikipedia – il primo dei composti steroidi scoperto nel 1973. Isolati dal polline della rapa, sono presenti in altre specie. Sono stati da poco inseriti nella classe dei fitormoni, hanno effetti sull’accrescimento delle piante, sulla distensione e divisione cellulare aumentando la sensibilità all’auxina, fotomorfogenesi, sviluppo riproduttivo, senescenza e risposte agli stress”.
Una scoperta utile in futuro per ridurre l’anidride carbonica in atmosfera
Quando questi ormoni entrano nella cellula, questi liberano la proteina BIL-1 (l’interruttore delle piante, ndr) da un’altra proteina inibitrice consentendo così alla stessa di liberare tutte le sostanze necessarie per lo sviluppo della pianta.
Il prossimo passo, spiegano gli scienziati, sarà proprio quello di implementare questi studi per capire come controllare la crescita di piante utili per i raccolti oltre che per contribuire alla riduzione dell’anidride carbonica in atmosfera.