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Neil Diamond, l’uomo solitario

Il 24 gennaio 1941 nasce a Brooklyn, New York, Neil Diamond, uno dei più eclettici e prolifici autori della scena pop internazionale. All’età di dieci anni fa le sue prime esperienze musicali in un gruppo di bambini canterini che si chiamano Memphis Blackstreet Boys e tre anni dopo si avvicina al folk entrando a far parte dei Roadrunners.

Autore precoce

Quando smette di indossare i calzoni corti ha già un’esperienza da far invidia a un veterano con frequentazioni musicali che vanno dal folk ai gospel, al country e al rock and roll. Inizia scrivere canzoni a quindici anni e non smette più. La prima ad accorgersi delle sue qualità è la casa editrice Sunbeam Music che lo scrittura e gli consente di dedicarsi a tempo pieno alla composizione. Nel 1966 pubblica anche il suo primo disco come interprete, Solitary man, per una piccola etichetta e, nello stesso anno, firma I’m a believer, un brano destinato a vendere, nell’interpretazione dei Monkees, più di dieci milioni di copie. Gli stessi Monkees si rivelano una vera gallina dalle uova d’oro per il giovane autore che scrive per loro anche un’altra canzone milionaria: A little bit me, a little bit you.

Il desiderio di cantare in proprio

I soldi e il successo come autore non gli bastano. Vorrebbe affermarsi anche come cantante, ma i produttori sono scettici. Fatica non poco a trovare qualcuno disposto a dargli spazio. Pubblica vari dischi con risultati modesti prima di convincere definitivamente pubblico e critica nel 1969 con l’album Brother love’s travelling salvation show. Da quel momento le carriere d’autore e d’interprete viaggiano in parallelo. Nel 1972 dà corpo a un progetto ambizioso che teneva nel cassetto da tanto tempo sperimentando forme di espressione concettuale di ampio respiro. Nasce così l’opera musicale “African trilogy” che descrive l’uomo nelle sue tre fasi, crescita, maturità e vecchiaia su un tessuto ritmico africano ricco di contaminazioni gospel. La critica, spiazzata, reagisce malamente accusando “African trilogy” di essere un lavoro eccessivamente pretenzioso e freddo. L’episodio non interromperà il rapporto tra Neil e il pubblico che ne farà uno dei personaggi più amati degli anni Settanta. I discografici si adegueranno e la CBS, pur di averlo, non esiterà a sborsare nel 1973 ben cinque milioni di dollari, la cifra più alta mai pagata a un artista fino a quel momento. Anche negli anni Ottanta e Novanta la sua stella continuerà a brillare, mentre la produzione si farà via via più rarefatta nel tempo.

 

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