Il 21 marzo i kurdi festeggiano il loro capodanno chiamato Nawroz (nuovo giorno). Esso ricorda la vittoria, avvenuta nel 612 a.C. dei Medi, come anticamente venivano chiamati i kurdi, guidati leggendario fabbro Kawa contro il tiranno sanguinario Dehok.
La festa dei grandi fuochi
Per l’occasione vengono accesi grandi fuochi sulle montagne. Gli storici fanno notare che il 612 a. C. è l’anno della distruzione di Ninive, che segna la fine dell’impero assiro da parte dei “popoli della montagna”, chiamati “popolazione che nessuno conosce”. Nonostante il capodanno coincida con il probabile ricordo di una vittoria con le armi, nella tradizione kurda la sapienza conta più delle armi e il valore in battaglia non è un attributo necessario per entrare nella leggenda.
Il paradosso di Saladino
Una notazione storica curiosa è che Salahaddin, il leggendario Saladino eroe dell’Islam e dei romanzi di Walter Scott, era un kurdo della dinastia degli Ayubidi a cui viene rimproverato dai suoi connazionali oggi di aver combattuto e vinto per la causa dell’Islam e non per quella della sua terra. Le splendide montagne dell’Eden da cui, secondo la Bibbia, scendevano fiumi di latte e miele sono oggi lo scenario della tragedia di un popolo senza nazione e diviso tra vari stati, nessuno dei quali è disposto a riconoscerne l’indipendenza e la sovranità. Il petrolio, più del frutto dell’albero proibito, ha provocato la devastazione del Giardino dell’Eden