Dailygreen

Naomi Klein, senza compromessi contro il riscaldamento globale

Naomi Klein

In un mondo in cui la minaccia del cambiamento climatico è globale, non bastano soluzioni “tiepide” e non ci può fidare di un mercato senza regole, né ha alcun senso aspettarsi che le soluzioni possano giungere da chi di tutto questo è stato causa. Questa è la tesi che Naomi Klein, giornalista, scrittrice e ricercatrice canadese espone nel suo libro “Una rivoluzione ci salverà”.

Naomi Klein, senza compromessi contro il riscaldamento globale

Klein parte dal presupposto che, negli ultimi venti anni, la globalizzazione degli scambi di mercato è stata in gran parte responsabile delle emissioni di gas che riscaldano il clima.

E’ dal 1988 che gli scienziati e i governi stanno discutendo della necessità di apportare drastici tagli alle emissioni di gas per evitare pericolosi aumenti di temperatura del clima; in questo stesso periodo infatti, il problema si è allargato propro a causa di una globalizzazione degli scambi, divenuta una delle principali cause di aumento delle emissioni (che sono aumentate del 57% dal 1992, quando cioè è stata firmata la Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico).

La libertà di circolazione delle multinazionali (adottata per ottenere il più basso costo possibile, vendere di più nel minimo rispetto delle normative internazionali e pagare poche tasse) è stata il principale fattore scatenante del problema. Il risultato di queste politiche è stato quindi la massiccia esportazione dei prodotti a lunga distanza, la generalizzazione di un unico modello di produzione, il consumo e l’agricoltura basata sui combustibili fossili (carbone, petrolio e gas).

Le emissioni di anidride carbonica (CO2) sono la principale causa del riscaldamento globale

Proprio nel momento in cui si sarebbe dovuta sostenere la riduzione dei gas serra, le emissioni sono invece aumentate e oggi superano di due gradi quelle del tempo preindustriale, la soglia oltre la quale c’è un serio rischio di disastri climatici.

Il capitalismo non è più sostenibile

La crescita del PIL come priorità assoluta è un’utopia: “Non abbiamo intrapreso le azioni necessarie a ridurre le emissioni perché questo sarebbe sostanzialmente in conflitto con il capitalismo deregolamentato, ossia con l’ideologia imperante nel periodo in cui cercavamo di trovare una via d’uscita alla crisi. Siamo bloccati perché le azioni che garantirebbero ottime chance di evitare la catastrofe – e di cui beneficerebbe la stragrande maggioranza delle persone – rappresentano una minaccia estrema per quell’élite che tiene le redini della nostra economia, del nostro sistema politico e di molti dei nostri media.”

Naomi Klein sostiene di non credere ad  un centrismo prudente o a “mezzi toni” e smonta le promesse dei messia verdi (vedi Richard Branson). Le ricette dolci per uno sviluppo sostenibile sono per la Klein, una falsa soluzione: un cambiamento “graduale e gentile” non è destinato ad avere successo perché il desiderio delle imprese di mantenere l’attuale modello economico è impossibile da conciliare con i limiti fisici del pianeta.

Così scredita anche le soluzioni ponte come il fracking (o fratturazione idraulica), i mercati del carbonio in eccesso e gli accordi per poter emettere quantitativi stabiliti di CO2. L’impegno centrale per la Klein è per l’energia rinnovabile, decentralizzata e preferibilmente gestita a livello locale. Soluzioni efficaci per mitigare il riscaldamento sono: diminuire i consumi riducendo le emissioni in agricoltura, produrre articoli destinati a durare nel tempo, abbandonare gli idrocarburi e cambiare il modello commerciale; tutto ciò “per cambiare davvero il modo di vivere, lavorare, mangiare e fare shopping.”

Gli accordi globali sul cambiamento climatico ostacolano il libero scambio

Gli accordi globali sul cambiamento climatico ostacolano il libero scambio per cui la lunga lista di progetti per la tutela ambientale vanno sempre e comunque a cozzare contro la religione del libero scambio e contro l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Per fare solo un esempio, l’Ontario, una provincia canadese, non è riuscita a sviluppare i suoi progetti di produzione di pannelli fotovoltaici per l’opposizione della UE e del Giappone. La Klein ricorda che le aziende energetiche ricevono ogni anno circa 775.000 milioni di dollari in aiuti annuali e “hanno anche il privilegio di trattare la nostra atmosfera come una discarica di libero accesso”.

Fonte: LaVanguardia

Exit mobile version