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“My generation”, l’inno del movimento Mod

Il 28 ottobre 1965 gli Who terminano di registrare il brano My generation, un brano destinato a entrare nella storia del rock.

Noi siamo sempre drogati

Rissosi e provocatori interpretano fino in fondo il ruolo di alfieri del movimento Mod. Osteggiati dalla grande stampa che non nasconde la sua antipatia per questo gruppetto di violenti e oltraggiosi strumentisti, i quattro non perdono occasione per fornire nuovi argomenti di scandalo. Litigiosi come pochi non mascherano i momenti di tensione interna e, a volte, finiscono per insultarsi e scazzottarsi sul palco nel corso dei concerti. I loro manager, Kit Lambert e Chris Stamp, faticano le proverbiali sette camicie per tenere insieme una band che quasi ogni giorno annuncia il suo scioglimento. Come se non bastasse, poche settimane prima di iniziare a lavorare al nuovo disco, a un malcapitato giornalista che chiedeva se avessero mai assunto le “pasticche blu” (amfetamine) prima di salire sul palco, Pete Townshend rispondeva con aria strafottente: «Prima di salire su un palco no, perché noi siamo sempre drogati». Gli Who, con la loro musica violenta e aggressiva sono idolatrati da quella massa enorme di ragazzi nati e cresciuti nelle periferie industriali delle grandi città britanniche che lasciano presto la scuola per lavorare in fabbrica.  A loro resta solo il fine settimana per coltivare il sogno di una vita diversa. Ci sono gli amici, la musica e la possibilità di rompere, meglio se con la violenza, il quieto conformismo di una settimana lavorativa che al lunedì, tutti i lunedì, ricomincia sempre uguale a se stessa. Ce l’hanno con tutti, ma soprattutto con i loro genitori che non hanno fatto niente per cambiare la vita e l’ambiente in cui vivono. Sono i Mod.

Qualche critico prende una cantonata

My generation diventa l’inno del movimento Mod. Versi come «…spero di morire prima di diventare vecchio/sto parlando della mia generazione…» interpretano più di tanti trattati sociologici il malessere diffuso e la voglia di cambiare di una generazione che si sta affacciando alla vita e in qualche modo anche alla storia. Non tutti i critici, in gran parte prevenuti nei confronti della band, si accorgono del valore del brano. C’è chi ne predice il rapido oblio e c’è anche qualche “esperto” che scambia l’effetto feedback della chitarra elettrica di Townshend per un difetto d’incisione. Dopo My generation gli Who arrivano sull’orlo di una delle innumerevoli crisi della loro storia nate spesso dalla incompatibilità tra Townshend e Daltrey. Per qualche tempo si pensa addirittura di sostituire il secondo con Boz Burrell, allora nei Boz’s People e in seguito con i King Crimson e i Bad Company, ma la crisi è destinata a rientrare anche perché il buon Burrell, contattato per la sostituzione, risponde che non intende far parte di una «band di pagliacci».

 

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