L’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma si è aperta giovedì scorso: un inizio promettente, che infila in successione Moonlight di Barry Jenkins e Snowden di Oliver Stone.
Due film molto diversi tra loro – Moonlight tutto virato sulle tonalità interiori, Snowden scritto magistralmente per dare vita ad una successione di momenti tensivi – ma entrambi caratterizzati da una riflessione sul rapporto tra l’individuo e la società.
Moonlight di Barry Jenkins
Moonlight è un racconto di formazione in tre capitoli: infanzia, adolescenza, età adulta. Protagonista Chiron, ragazzino nero bullizzato che vive con la madre tossicodipendente nei sobborghi di Miami, e finisce per stringere un legame affettivo molto forte con lo spacciatore del quartiere, che identifica come figura paterna e modello di riferimento. In ogni capitolo vediamo Chiron cambiare volto: sono tre gli attori che interpretano il protagonista, e sono tutti bravissimi a dare voce ad un personaggio dall’animo tormentato ma di pochissime parole. È straordinario come ad ogni passaggio temporale, ad ogni trauma subito da Chiron, corrisponda un adeguamento comportamentale, e piuttosto che vederlo ‘agire’ lo si vede ‘agito’ dal condizionamento ambientale, tanto da ricalcare le orme del padre putativo e diventare spacciatore a sua volta. Ma quando sembra che la mancanza di amore e gli abusi dei bulli abbiano compromesso per sempre la capacità di Chiron di scegliere, ecco che il ragazzo riceve una telefonata dal passato e si riappropria della sua vita.
Snowden di Oliver Stone
Snowden è un appassionante thriller politico che ricostruisce una vicenda realmente accaduta appena tre anni fa, e se non fosse così espressamente contro l’establishment avrebbe tutte le caratteristiche del film da Oscar. L’eroe americano (o antieroe, dipende dai punti di vista) è Edward Snowden, prodigio dell’informatica e re incontrastato degli hacker al servizio del Governo per anni, fino a quando nel 2013 decise di denunciare pubblicamente l’abuso di potere della NSA (Agenzia per la Sicurezza Nazionale), che sotto la copertura della lotta al terrorismo attuava un programma di sorveglianza di massa, ed acquisiva tramite intercettazioni telefoniche e Internet informazioni private su milioni di cittadini. Lo scopo del film è il risveglio delle coscienze, il richiamo alla consapevolezza: la vera guerra non si combatte più con le bombe, quello è un teatro mediatico, si combatte tra le pieghe oscure del cyberspazio. La scelta di Snowden, interpretato da Joseph Gordon-Levitt, è quella di un uomo che passa dalla detenzione del potere assoluto alla denuncia del potere assoluto, dall’essere dio all’essere un esiliato. In questo caso è l’individuo che applica un controllo capillare sulla società, ma ad un certo punto realizza di essere stritolato dal senso del dovere, e dalla falsa convinzione che agire per lo Stato sia agire per il Bene. Snowden è la parabola di un uomo che coraggiosamente mette da parte il proprio destino individuale per proiettarlo in una dimensione storica, cambiando con il suo gesto il corso degli eventi. Il film mescola dimensione pubblica e dimensione privata del protagonista, in una drammatizzazione della vicenda che non lascia nulla al caso, ed offre allo spettatore ritmo e situazioni cinematografiche alternate a sequenze di stampo documentaristico, come le dichiarazioni di Obama e l’intervento finale del vero Snowden.