Home C'era una volta Memphis Minnie, la stella del blues

Memphis Minnie, la stella del blues

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Il 6 agosto 1973 a Memphis, nel Tennessee, muore Memphis Minnie, una delle stelle più fulgide del blues degli anni Trenta

Un successo travolgente

Nata ad Algiers, in Louisiana, il 3 giugno 1896 durante gli anni Trenta è stata una vera e propria vedette capace di dominare la scena del blues di Chicago dal 1930 al 1950 accanto ad altri mostri sacri quali Big Bill Broonzy e Tampa Red. Inizia a suonare la chitarra da giovanissima nelle strade dapprima di Walls e quindi di Memphis. Si sposa poi con Casey Bill Weldon allora membro della Memphis Jug Band ma il matrimonio dura pochissimo. Nel 1929 pubblica i suoi primi dischi accanto al cantante-chitarrista, divenuto suo secondo marito, Kansas Joe Mac Coy, Tra i brani incisi in quel periodo ottiene un ottimo successo Bumble bee. Al principio degli anni Trenta i due si stabiliscono a Chicago ma le loro strade artistiche iniziano a divergere e ben presto anche questo secondo matrimonio va a rotoli. Minnie però resta poco tempo sola: nel 1938 si sposa per la terza volta, con il chitarrista Ernest “Little Son” Lawlar con cui forma un’altra coppia che ottenne una grande popolarità. In quel periodo i suoi maggiori successi sono Nothing in rambling, In my girlish days, Black rat swing e I’m so glad. In questi brani si cominciò a notare un certo mutamento nello stile di Minnie grazie anche all’influenza del marito: il blues diventa sempre più potente, intenso, quasi drammatico, assumendo quelle caratteristiche che saranno proprie, dopo la guerra, di tutto il blues di Chicago.

Il declino e la paralisi

Dopo la seconda guerra mondiale Minnie e suo marito giocano un ruolo importante sulla scena musicale di Chicago aiutando la carriera di molti musicisti tra cui Little Walter. Muddy Waters e Jimmy Rogers. All’inizio degli anni Cinquanta, tuttavia, la stella di Minnie inizia a tramontare. Il blues ha nuovi interpreti e percorre nuove strade. Dopo la morte del marito, nel 1957, abbandona Chicago e colpita da paralisi nel 1960 passa ben dieci anni – dal 1962 al 1972 – in un ospizio. Ne esce nel 1972 per andare ad abitare con la sorella ma muore l’anno dopo, quasi del tutto dimenticata dagli appassionati. Artista degna di rilievo, ha saputo accoppiare a un gioco di chitarra quanto mai preciso e sostenuto da un ritmo impeccabile, una voce aspra e intensa nella migliore tradizione del blues rurale.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".