È uno dei progetti d’ingegneria più ambiziosi del secolo, ma difficilmente definibile come sostenibile. Stiamo parlando del traforo di Marmaray (acronimo tra Mar di Marmara e ray che in turco significa ferrovia) che si va realizzando in una delle zone a più alta sismicità dell’Oriente. E diventerà un tunnel da vero giunness dei primati dato che sarà considerato, una volta terminato, come il più profondo del Pianeta. Peccato che non sia stato costruito secondo nessuna logica rispettosa dell’ambiente e della sostenibilità.
Marmaray, un tunnel sottomarino lungo più di 13 Km
Il tunnel sottomarino sarà lungo 13,6 km e di questi 1,4 Km saranno sotto lo stretto e formati da 11 sezioni, ciascuna lunga 130 metri e pesante 18 mila tonnellate.
Verranno costruite tre stazioni sotterranee, mentre le 37 già esistenti in superficie saranno ristrutturate.
Marmaray riunirà la linea di trasporto su rotaia suburbana tra le due rive della capitale turca e la collegherà alla metro e alla linea dei treni pesanti, formando un unico passante di 76,3 km tra i capolinea di Gebze e Halkali.
L’opera costerà più di 2 miliardi e mezzo di dollari, forniti dall’Agenzia Internazionale Giapponese per la Cooperazione (JICA) e dalla Banca Europea per gli Investimenti (BERS). Questi i costi monetari stimati senza tenere in conto due fattori importantissimi:
i costi ambientali che crescono a dismisura con il prolungarsi dei tempi di consegna (la cantierizzazione di una faglia marina è un’operazione assai delicata e poco sostenibile);
i costi sociali dovuti alla non rispondenza delle aspettative da parte chi si aspettava, con l’apertura del traforo, un cambiamento radicale nel settore delle infrastrutture e fino ad oggi ha visto solo un ritardo che ha fatto lievitare i costi di 500 milioni di dollari, mentre la situazione economica in Turchia non è delle migliori al mondo.