“..infine vi ricordiamo che da domani entrerà in vigore il divieto di circolazione all’interno della fascia verde per gli autoveicoli che trasporteranno meno di tre persone tra le ore 07:30 e 10:30”. Inizia così l’ultimo racconto di Marco Zarfati ispirato alla canzone “Mi sono rotto il cazzo – Lo Stato sociale”.
“Mi sono rotto il cazzo – Lo Stato sociale”, racconto di Marco Zarfati
“..infine vi ricordiamo che da domani entrerà in vigore il divieto di circolazione all’interno della fascia verde per gli autoveicoli che trasporteranno meno di tre persone tra le ore 07:30 e 10:30”.
Ma guarda te se questo cretino si può svegliare una mattina e dire che si è rotto il cazzo del fatto che andiamo tutti a lavoro in auto uno per auto e ce lo viene pure a vietare. E la cosa peggiore è che l’ho votato!
Da un lato sarei anche d’accordo, ma solo se potessimo veramente contare su dei mezzi pubblici efficienti.
Anche se devo dire che queste chat di collocamento passeggeri sono state abbastanza funzionali. Però ora ho l’ansia all’idea di andare a lavoro con degli sconosciuti domattina.
Va beh, non c’è molto che possa fare ormai. E poi tentar non nuoce. In fondo da piccola prendevo passaggi e facevo l’autostop più di quanto non abbia mai usato mezzi miei. Una macchina di lavoro organizzata che male mi potrà mai fare?
Vado a dormire, poco convinta.
Mi sveglio molto prima della sveglia, maledetta ansia, e dopo la solita colazione e la solita doccia passo tutto il tempo che ho di vantaggio a truccarmi e scegliere i vestiti da mettere. Così quando esco non sono più in anticipo e devo correre verso l’appuntamento.
Quando arrivo trafelata però, c’è soltanto un uomo in evidente stato di attesa. Non male tra l’altro. Lo fisso un po’ poi mi chiede: “Monica?”.
“No, Ver-onica!” rispondo scherzando sull’assonanza tra i due nomi.
“Beh sì, se non sei una sei l’altra!”.
Ok, è antipatico.
“Speriamo non tardino gli altri due che ho un appuntamento importante stamattina, ma mi dispiacerebbe lasciarli a piedi”.
Precisino anche. Tutto impettito nel suo cappotto.
“No, certo. Ora però mi ha incuriosito, di cosa si occupa?”.
“Di marketing, consulenze per le aziende. Lei?”.
“Sono la responsabile di un punto vendita di Armani”.
“Accidenti! Ah, ho capito quale, quello in piazza De Carolis, per questo abbiamo anche la stessa zona di arrivo, giusto?”.
“Giusto”.
Però, bel sorriso. E forse non è poi così antipatico.
In quel momento arrivano, uno da una parte e una dall’altra, gli altri due probabili passeggeri: un ragazzino di 25 anni e una ragazza, forse sulla trentina.
“Monica?” le chiedo io stavolta.
Lei sorride e risponde “Veronica!”.
Facciamo un breve giro di presentazioni e montiamo in macchina.
Monica e Marco, così si chiama il ragazzino, montano dietro. Credo perché, essendo arrivati dopo all’appuntamento, si sia stabilita una gerarchia naturale secondo la quale abbiano lasciato a me il posto d’onore a fianco al bel Mauro. Così si chiama lui.
Dopo alcuni convenevoli la conversazione diventa più fluida e meno formale, e quando arriviamo a destinazione mi dispiace quasi doverla interrompere.
Sia Marco che Monica dicono di non aver bisogno di un passaggio al ritorno, e chiedono di scendere subito che sono più vicini da questo lato della piazza ai rispettivi posti di lavoro.
Io invece mi offro di accompagnare Mauro a parcheggiare, ché conosco un posteggio segreto non a pagamento in una piazzetta vicina.
Per fortuna il mio secret parking è libero.
“Ma è legale parcheggiare lì?” mi chiede lui sorridendo.
“Io ce la metto spesso, da anni, e non ho mai preso una multa!”.
Si lascia convincere e parcheggia.
Mi chiede a che ora stacco e se voglio un passaggio anche al ritorno, e dopo che, sorridendo come un’oca, accetto, mi dice che però non sa se lui avrà finito per quell’ora.
Che tipo.
“Se vuoi però possiamo scambiarci i numeri di telefono, così ci teniamo aggiornati”.
Accetto ovviamente, tanto ormai la mia posizione è chiara!
Ci salutiamo col bacetto, e penso che farò di tutto per smettere di lavorare esattamente quando smetterà lui.
E penso anche che, effettivamente, andare a lavoro in auto una persona per auto, sia un grandissimo spreco.
Racconto di Marco Zarfati