Marco Stanzani, storico promoter discografico, racconta a Dailygreen.it del suo primo libro “Artisti di spalle. Cinquanta storie di artisti famosi raccontate dal loro promoter di fiducia”, edizioni Pendragon.
“Artisti di spalle. Cinquanta storie di artisti famosi raccontate dal loro promoter di fiducia”. Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
All’inizio ho cominciato col postare sul mio profilo personale di Facebook degli aneddoti curiosi e divertenti che riguardavano momenti di vita vissuta al fianco di artisti importanti coi quali ho avuto e ho il privilegio di poter lavorare. Poi il cantautore, attore e performer, Franz Campi mi ha simpaticamente costretto a pubblicare questi racconti e mi ha trovato lui stesso gli editori coi quali condividere questo viaggio, quindi posso dire, senza ombra di dubbio, che è tutta colpa sua.
Chi è esattamente un promoter, Marco? Che tipo di rapporto si instaura tra il promoter e l’artista?
Un promoter discografico è uno stratega conoscitore di comunicazione che cerca di condividere con l’artista, il suo manager e la sua casa discografica, la miglior strategia per dare il miglior risalto mediatico al progetto (un disco, un tour, ecc.) sul quale si lavora. Ma deve anche essere un fine psicologo capace di sapere tenere gli animi alti se le cose non rispettano le aspettative, oppure ricondurre tutti quanti coi piedi per terra se le cose vanno straordinariamente bene. Con l’artista generalmente si instaura un rapporto che spesso si trasforma in un rapporto amicale, quasi fraterno. Per questo il promoter deve sapere che l’artista vive col fuso orario di Tokio e dunque, il promoter sa che può arrivare anche una telefonata alle due di notte perché l’artista non si ricorda la ricetta della parmigiana.
Nel tuo libro hai raccontato molti aneddoti raccolti durante la tua lunga carriera. Ce ne accenni qualcuno?
Nel libro ci sono 50 aneddoti, dalla repulsione per i cimiteri di Anna Oxa, all’imposizione dei caschi da motociclista di Loredana Bertè, ai suoi musicisti. Dall’esigenza di una buona tavola su cui mangiare di Umberto Tozzi, all’avarizia tipicamente scozzese di Jim Kerr dei Simple Mindy. Compratelo, vi divertirà.
Mi ha colpito molto la tua affermazione su Cesare Cremonini: “Cesare mi ha cambiato la vita”. Ci vuoi raccontare del vostro rapporto?
Cesare suonò alla porta del mio ufficio nel 97. Aveva 17 anni e disse di essere il cantante dei Senza Filtro. Mi fece ascoltare tre canzoni e da lì iniziò l’allestimento dl repertorio che avrebbe costituito il disco d’esordio dei Lunapop (…Squérez, ndr). Si mise a fare “fuga” da scuola per due mesi, continuativamente, e io mi arrabbiai con lui, perché mi aspettava ogni giorno sotto la porta del mio ufficio. Quando lasciai i Lunapop, che avevano appena venduto un milione e trecentomila copie del disco “…Squérez”, dovetti auto-impormi un processo di “slunapozzazione” e concentrarmi per iniziare a lavorare su altri artisti. Ora io e Cesare non ci vediamo più, ma rimarrà sempre nel mio cuore, per essere stato stato l’artista al quale debbo di più nella mia carriera di manager/promoter.
Gli interi proventi del libro andranno all’A.G.E.O.P., l’associazione che aiuta le famiglie di bambini malati oncologici. Come mai la scelta di devolvere tutto all’Ospedale Santa Orsola di Bologna?
L’A.G.E.O.P. è una onlus che vive grazie al lavoro di volontari che danno supporto morale alle famiglie di bambini che necessitano di un trapianto midollare per poter vivere. A Bologna ci sono tre case attrezzate per ospitare più di 150 famiglie che ogni anno accolgono famiglie di bambini che dovranno sottoporsi a trapianto. Ritengo sia doveroso aiutare queste famiglie e dare loro la forza necessaria per superare questo momento così delicato. I bambini dovrebbero godere di una immunità fino almeno ad una certa età, ma ti assicuro che purtroppo non è così.
Come è cambiato il tuo lavoro, se lo è, rispetto a qualche anno fa?
La rete ha modificato totalmente il concetto di comunicazione. Negli anni ’70, se un promoter riusciva a convincere Renzo Arbore o Gianni Boncompagni a passare il 45 giri del proprio artisti ad Alto Gradimento, si poteva considerare completato il lavoro di promozione. Ora, con l’avvento della rete, ci sono molte più opportunità che però depistano l’attenzione. Il supporto fisico come il cd è praticamente quasi morto e la musica sopravvive grazie soprattutto all’attività live. Noi lavoriamo per far sì che i nostri artisti incrementino, grazie alla nostra promozione, la loro popolarità in modo che abbiano sempre maggiori richieste per potersi esibire dal vivo.
Quali sono i canali per far emergere oggi un artista? Che ruolo hanno ad esempio i talent musicali? E le radio? Tu che ti occupi di radio da sempre, pensi che gli manchi un po’ il coraggio di un tempo?
Negli anni ’90 la radio era l’elemento preponderante per fare partire la promozione di un nuovo progetto. Ora il supporto video attraverso la rete è diventato l’elemento preponderante perché la radio non è più propositiva sui progetti giovani in virtù del fatto che essa sa che i giovani ormai prediligono altri canali per ascoltare musica (YouTube, file sharing, ecc). Per questo, salvo casi eccezionali, i giovani che escono da Sanremo non hanno un grande supporto radio. I Talent sono il “grande inganno” dietro al quale si trincerano le radio le quali dicono: “Non è vero che non suoniamo i giovani, ora stiamo mettendo Fragola, la Amoroso ed Emma”, senza contare il fatto che questi sono artisti che hanno già avuto in primis una esposizione tv di oltre tre mesi e dunque sono già diventati popolari e permettono alle radio di poter scommettere su di loro senza rischiare di doversi esporre su band e artisti sconosciuti proprio come accadde a me a fine anni ’90 sui Lunapop.
Marco, come sta andando il tuo progetto “Uniweb Tour”?
Molto bene, dal 2014 abbiamo veicolato oltre 70 band dal vivo in diretta sulle web radio delle principali università italiane e, presto, un Ministero molto importante, ci onorerà del suo Patrocinio in modo da dare ancora più risalto a questa idea che abbiamo avuto nel 2013 e per la quale siamo esclusivisti in Italia.
Prossimi progetti?
Siamo reduci da un Sanremo importante con Irene Fornaciari, una giovane artista di grande talento nella quale crediamo molto. Abbiamo appena ultimato il primo passo sui lanci di due dischi a loro modo spartiacque: quello di Mondo Marcio, a nostra parere il più disco di rap del decennio, e quello di Ron, insieme ad un parterre di artisti davvero invidiabile a favore per la lotta contro la SLA. Oltre a loro abbiamo la nostra lista di artisti emergenti ed indipendenti. L’anno scorso abbiamo chiuso il 2015 con 74 top e ben 18 “numeri uno”, tra classifiche di vendita, charts radio, absolut beginners, ecc.
Cosa vuol dire per te Marco, avere un atteggiamento ecologicamente corretto? Vivi in città? Se sì, riesci nei tuoi comportamenti quotidiani a rispettare l’ambiente che ti circonda?
Io vivo nella periferia bolognese proprio perché amo la natura. Sono un appassionato runner che ama correre tra i boschi. Spesso mi fermo a fotografare caprioli che incontro nelle escursioni di corsa nei parchi limitrofi. Cerco di fare il possibile per il mantenimento dell’ambiente, mi sforzo di essere il più corretto possibile in tal senso.
Marco, la tua città, Bologna, secondo te è una città “green”?
La periferia di Bologna è davvero molto interessante in tal senso. Il centro storico invece, uno dei più belli di Italia, a mio avviso è caduto in una sorta di degrado davvero riprovevole…
Qual è la cosa più “green” che fai durante le tue giornate?
Sicuramente correre nei parchi.
Ami gli animali e la vita all’aria aperta?
Assolutamente sì. Fino a poco tempo fa passavo lunghi week-end con mia figlia a cavallo nei boschi. Io non so cavalcare, ma mi sforzavo di stare con lei e le domeniche passate nei boschi a cavallo le rimpiango parecchio.
Una domanda che facciamo a tutti: qual è la parte di te che ricicleresti e quale invece quella che butteresti via? In poche parole, il tuo miglior pregio e il tuo miglior difetto.
Al di là del privilegio di poter dire di avere lavorato con i migliori artisti, la miglior dote che mi sono sempre riconosciuto è sempre stata quella di considerarmi un bravo allenatore nel settore giovanile. In sostanza: bello sì lavorare con Renato Zero, Lucio Dalla, Claudio Baglioni, Pino Daniele, Fiorella Mannoia, ecc., ma le più grosse soddisfazioni mi sono arrivate quando sono riuscito a togliere dall’anonimato artisti emergenti. Il difetto è che sono tremendamente permaloso e non so perdere al punto che, spesso, per questo aspetto nonostante mi sforzi di soprassedere, mi accorgo che non ce la faccio e per questo arrivo anche un poco ad odiare me stesso.