Mangiare poco, riducendo del 20-40% le calorie introdotte con la dieta in una finestra temporale ristretta.
Questo, secondo gli esperti della Società Italiana di Medicina Interna (Simi), è il vero elisir di lunga vita.
“A tavola non si invecchia”, come dice un detto popolare, è vero solo se si mangia meno: “limitare l’apporto di cibo, infatti, fa entrare le cellule in modalità ‘protezione’ e questo – osservano – consente loro di resistere meglio agli attacchi esterni; allo stesso tempo le cellule ‘a dieta’ soddisfano le proprie necessità attraverso una sorta di auto-cannibalismo (autofagia) delle componenti invecchiate e poco funzionali. In pratica dunque la restrizione calorica attiva una sorta di ‘pulizia interna’ (come quella che si fa periodicamente sull’hard drive del computer) che, oltre a rimuovere componenti deteriorati e potenzialmente pericolosi, stimola anche la rigenerazione cellulare”.
La restrizione calorica, spiega il professor Giorgio Sesti, presidente della Simi, “si può attuare secondo diversi approcci, da adattare alle esigenze del singolo e alle sue possibilità”.
Per nessuno di questi approcci, sottolinea peraltro Sesti, “esiste la dimostrazione scientifica che ne documenti in modo definitivo l’efficacia nell’allungare la vita in salute, perché i risultati degli studi in corso si potranno osservare solo tra qualche decennio”.
I metodi proposti sono la restrizione selettiva degli alimenti ‘ultra raffinati’ (farina bianca, zucchero, ecc), associati ad aumentato rischio di sviluppare malattie cronico-degenerative e precoce declino cognitivo. C’e’ poi il digiuno intermittente, attualmente di gran moda per la perdita di peso. Nell’ottica della restrizione calorica anti-aging, un approccio efficace potrebbe essere quello di alternare giorni di quasi digiuno, a giorni in cui ci si alimenta in quantità normale.
La dieta mima-digiuno consiste -sottolinea l’Ansa in un comunicato – invece nell’effettuare ogni 3-4 mesi, cicli di 5 giorni di una dieta ipocalorica, formulata in modo da riprodurre gli effetti metabolici del digiuno. Questo faciliterebbe l’aderenza alla prescrizione dietetica. Tra le proposte emergenti, infine, c’è il time-restricted eating, che suggerisce di restringere la finestra temporale nella quale ci si può alimentare a meno di 12 ore, meglio se a 8-10 ore, sincronizzandola con la luce solare (una sorta di ‘dall’alba al tramonto’). Il tutto almeno 5 giorni a settimana. “Va sottolineato tuttavia – ammonisce il professor Sesti – che modificare la dieta e il proprio peso corporeo può anche sortire effetti opposti e influenzare negativamente la propria età biologica. È il motivo per cui questi approcci devono essere sempre adottati su indicazione del medico e da lui monitorati per avere una visione globale dei rischi e dei benefici”.