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Luigi Lo Cascio: «L’ideale ecologista occorre viverlo»

Luigi Lo Cascio

Presentato a Venezia e finalmente in programmazione nelle sale italiane, il film “La città Ideale” rappresenta l’esordio alla regia di Luigi Lo Cascio, che lo interpreta insieme a Luigi Maria Burruano, Massimo Foschi, Alfonso Santagata, Roberto Herlitzka, Aida Burruano e Catrinel Marlon.

L’impronta ecologista del titolo sembra essere il filo conduttore del film, ma in verità altro non è che un pretesto sapientemente usato per rendere il personaggio ancor più fragile e impreparato di fronte all’irrompere della “casualità”, la stessa che metterà in serio pericolo tutte le sue convinzioni.

“Ho voluto raccontare una storia che avesse come tema la ricerca della verità” racconta Luigi Lo Cascio in conferenza stampa. “L’esposizione al rischio che ognuno di noi può avere, di essere frainteso, di raccontare una verità che per se stesso ha un senso e che per gli altri non corrisponde al vero”.

Una vita metodica

Michele Grassadonia (così si chiama il personaggio), architetto competente un po’ fissato con l’ecologia e per questo criticato dai suoi colleghi costretti a chiudersi in bagno per fumare, vive e lavora a Siena, che rappresenta per lui una vera città “a misura d’uomo”.

La sua vita è metodica, organizzata e scandita da scelte un po’ integraliste: raccoglie cicche di sigarette per strada, non possiede automobile e vive senza acqua corrente aspettando pazientemente che la pioggia riempia i mille catini in fila sul balcone; non usa la corrente elettrica ingegnandosi con strampalate invenzioni pur di non tradire la sua fede ecologista.

La sua vita scorre tranquilla fino al momento in cui il “caso” irrompe nella sua vita, costringendolo a fare i conti con la realtà delle cose, la durezza delle persone e le convinzioni ormai fin troppo radicate della società.

Nella conferenza stampa romana, Luigi Lo Cascio ne spiega il tema, decisamente impegnativo ma egregiamente raccontato, che è sostanzialmente quello della “ricerca della verità a scapito della vittoria”, quello cioè che ci rende umani e che ci fa lottare per un ideale, anche in una situazione di impreparazione: “Ognuno di noi vive a suo modo le proprie convinzioni e ognuno di noi ha una visione ovviamente molto personale della vita. Lo stesso “ideale” ecologista può avere un significato diverso a seconda di come lo si vive ed acquista in questo modo un valore estremamente originale. L’idea di questo film è nata in una brutta giornata di pioggia, mentre ero fermo in un ingorgo stradale; sotto la pioggia torrenziale scene di panico, gente che abbandonava la macchina nel bel mezzo della strada… allora mi sono domandato: che reazione potrebbe avere una persona trovandosi a dover gestire una situazione incontrollabile e non voluta? E’ proprio da questa riflessione che è nato il film”.

Le situazioni kafkiane dell’ultimo film

Le situazioni kafkiane un po’ angosciose e paradossali, rendono il film molto piacevole e arricchiscono la personalità ecologista di un personaggio insicuro e perennemente alla ricerca di un equilibrio tra la natura e la vita moderna, tra la “verità” e la “vittoria” appunto.

“Io e Michele abbiamo molte cose in comune, non a caso evito di prendere la macchina quando posso e mi faccio delle lunghe camminate. Quando c’erano le cabine telefoniche, mi ci cambiavo gli abiti… oggi è un po’ più complicato! Il fatto è che provengo da una famiglia che ha sempre amato il movimento: mio padre era un marciatore e spesso ci portava a fare lunghe passeggiate in montagna. E poi ho voluto nel mio film un personaggio a Km “zero”: mia madre (che nel film interpreta la mamma di Michele n.d.r.)!… E gli abiti usati nel film sono quasi tutti abiti personali: penso a quanto sia triste usare abiti che magari finiscono in una cantina! Per quel che riguarda il resto sono uno abbastanza attento allo spreco e credo che oggi questo atteggiamento sia importantissimo”.

Lo sprofondamento in questo incubo, dalle tinte noir e dall’influenza Kafkiana, portano Michele Grassadonia a vacillare e a rivelare dietro gli eccessi e il rigore un enorme solitudine e fragilità. Un debutto da temi civili che ha molte qualità e qualche incongruenza.

In primo luogo la scelta del tema da parte di Lo Cascio, certamente non facile e piuttosto coraggioso che si distingue dalle numerose opere prime di attori che hanno debuttato alla regia in questa prima parte di stagione cinematografica, e che hanno preferito la commedia per il loro esordio.

E in seconda battuta la scelta della cifra stilistica di questa regia dai toni del giallo psicologico, colto, intimista e piuttosto personale che fanno di questa opera prima un film di qualità.

L’aspetto ecologico del protagonista

L’aspetto ecologico del protagonista, anche se non negli eccessi fanatici, sono una parte della vita personale di Lo Cascio, che ammette di andare a piedi anche a un’ora di distanza dalla destinazione, di usare tanti accorgimenti per evitare gli
sprechi e per rispettare l’ambiente e di avere una vera passione per la marcia.

Una passione che gli è stata trasmessa dal padre, atleta di marcialonga, (nel film si vede una foto del papà in gara) che portava Luigi e i suoi fratelli a marciare la mattina presto fin da quando erano piccoli. Una passione green. Un film da non perdere.

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