Il 25 dicembre 1878, a La Chaux-de-Fonds, un paesino svizzero sperduto nelle montagne del Giura nasce Louis, uno dei sette figli dell’orologiaio Chevrolet.
Una vettura in panne, un miliardario e un sogno
Ben presto la famiglia lascia le vallate svizzere per cercare nuove opportunità trasferendosi a Beaune nella vicina Francia. Il giovane rampollo inizia a fare il meccanico nella società di trasporti Roblin, riparando carri e biciclette. Secondo la leggenda il diciannovenne Louis scopre qui la sua vera vocazione. Tutto accade nella primavera del 1897 quando il ragazzo viene chiamato all’Hotel de la Poste per dare un’occhiata all’autovettura in panne del miliardario americano Vanderbilt. Quest’incontro con le auto e l’America avrebbe segnato il suo destino. In attesa che si compia, però, il giovane Chevrolet corre in bicicletta e vince molte gare a cavallo di una Gladiator, un biciclo costruito dalla casa automobilistica Darracq di Parigi. Le vittorie gli fruttano un nuovo posto di lavoro presso la casa parigina dove impara tutto quello che si può sui motori a scoppio. Imparata l’arte prende armi e bagagli e se ne va dall’altra parte dell’oceano, prima a Montreal e poi a Brooklyn dove lavora come meccanico nel laboratorio dell’emigrato svizzero William Walter.
L’America!
Negli USA inizia a gareggiare con successo su bolidi dell’epoca preparati con cura e spirito innovativo. La sua prima auto è una Fiat con la quale vince nel 1905 la Tre Miglia frantumando anche il record della corsa. Per quindici anni continuerà a gareggiare accumulando vittorie, record e drammatici incidenti che gli lasciano vari segni sul fisico. L’8 novembre 1911 fonda la Chevrolet Motor Car Company of Michigan insieme a William “Billy” Durant, il deus ex machina della General Motor. La prima vettura marchiata Chevrolet che esce dagli stabilimenti di Detroit è la Classic Six e vede la luce nel 1912. Durant pensa a prodotti a basso costo che possano favorire la motorizzazione di massa, ma Chevrolet ha in mente segmenti esclusivi e auto da corsa. È evidente che il sodalizio non può durare. Il geniale svizzero vende società e nome al socio e se ne va. Il marchio avrà un successo straordinario ma neanche un centesimo di dollaro finirà nelle tasche del fondatore, che ha lasciato al socio tutti i diritti sul nome e l’intera quota nella società.