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Léo Ferré, il libertario di Saint-Germain-des-Près

Il 14 luglio 1993 muore Léo Ferré, anarchico chansonnier dell’anima e della passione, capace di passare dalla poesia all’invettiva senza perdere in eleganza.

Un approccio per gradi

Nasce il 24 agosto 1916 nel Principato di Monaco da una famiglia benestante che quando lui ha nove anni lo invia a Bordighera in un collegio cattolico dove resterà “rinchiuso” fino all’adolescenza. Dopo la maturità se ne va a Parigi a frequentare la facoltà di Scienze Politiche perché il padre gli ha rifiutato l’autorizzazione a iscriversi al Conservatorio. Si laurea nel 1939 e, dopo il servizio militare, torna a Monaco per lavorare in una struttura che, in un periodo in cui le risorse sono contingentate a causa della guerra, si occupa dei buoni per il rifornimento degli alberghi. Il suo approccio con il mondo dello spettacolo avviene per gradi. In questo periodo resta affascinato dalle canzoni e dalla verve interpretativa di Charles Trenet e incontra Edith Piaf. Proprio l’Usignolo di Francia l’incoraggia a continuare e lo invita a trasferirsi a Parigi. Appena gli Alleati e la Resistenza hanno liberato la capitale dagli occupanti tedeschi lui ci va. È il 1946 e nei cabaret di Saint-Germain-des-Près è iniziata una stagione nuova e intensa in cui le poesie si mescolano con gli eccessi, le seduzioni amorose con la filosofia, le battaglie politiche e quelle culturali. Sta nascendo la nuova canzone francese e Léo Ferré con le sue storie in musica che raccontano l’amore, i sentimenti e la vita, con le sue ironie, le sue dolcezze e anche le sue invettive ne diventa uno dei protagonisti più originali.

Il successo

Nel mese di marzo 1947 firma il suo primo contratto con Le Chant du Mond. In questo periodo nascono alcuni tra i suoi brani più belli, come L’Île Saint-Louis o À Saint-Germain-des-Près e amicizie destinate a durare a lungo come quelle con Jean-Roger Caussimon, Juliette Gréco o Renée Lebas. Negli anni Cinquanta Ferré scopre la politica da cui per molto tempo s’era tenuto un po’ distante. Lo fa a modo suo, da randagio sperimentatore che annusa, ingloba e rielabora. I suoi primi maestri sono gli antifranchisti spagnoli esuli a Parigi. Si innamora degli anarchici ma mantiene buoni rapporti anche con il Partito Comunista Francese. Pian piano la sua popolarità si allarga e nel 1953, dopo un concerto all’Olympia come “apripista” di Joséphine Baker firma un contratto discografico con la Odeon. La prima canzone registrata per la prestigiosa etichetta è Paris canaille, scritta l’anno prima per Catherine Sauvage. È il successo. Anche gli anni Sessanta sono costellati da successi discografici e da esibizioni affollatissime. Siccome il successo, gli applausi e le gratificazioni economiche non riescono a cambiarne per niente il carattere, anche in questi anni non mancano “incidenti diplomatici” e censure. Incapace di resistere alle suggestioni Léo Ferré, a differenza di altri chansonniers, annusa con interesse i profumi del rock e del beat. Ormai può permettersi ogni cosa perché il pubblico lo ama e lo segue con simpatia e fedeltà nelle sue avventure. L’evoluzione non l’ha mai spaventato e la ripetitività l’annoia. Dopo essersi trasferito in Italia a Castellina in Chianti in provincia di Siena, nel 1983 scrive “L’opera du pauvre” da molti considerata il vertice massimo della sua espressività. Proprio a Castellina in Chianti muore il 14 luglio 1993.

 

 

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