Home C'era una volta La ballata che consacra gli Extreme

La ballata che consacra gli Extreme

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L’8 giugno 1991 arriva al vertice della classifica dei singoli più venduti negli Stati Uniti More than words, una ballata acustica di insolita dolcezza per la band che la propone. Il brano rappresenta infatti l’anomala consacrazione commerciale degli Extreme, uno dei più interessanti gruppi di heavy metal del periodo.

Lunga e faticosa è la strada al successo

Formati a Boston, nel Massachusetts dal cantante Gary Cherone, dal chitarrista portoghese Nuno Bettencourt, dal bassista Pat Badger e dal batterista Paul Geary alla fine degli anni Ottanta faticano non poco a imporsi. All’inizio scelgono di chiamarsi The Dream ma, poi, anche su consiglio del loro manager, propendono per un nome decisamente più adeguato al loro genere e lo cambiano in Extreme. Il loro primo album risale al 1989 e si intitola, semplicemente, Extreme. L’accoglienza di pubblico e critica è un po’ freddina. I quattro vengono tacciati di «scarsa originalità». Non va meglio al singolo Kid ego. L’anno dopo ci riprovano. Il destino del secondo album “Pornograffitti” non sembra diverso da quello del precedente: scarse vendite e sostanziale indifferenza anche nei confronti dei brani estratti dallo stesso album e pubblicati in due singoli.

Il coraggio di non arrendersi

I ragazzi, però, non demordono. Convincono il produttore a pubblicare in singolo anche un altro brano contenuto in Pornograffitti, all’inizio considerato poco più di un riempitivo. È More than words. Il disco vola nelle classifiche statunitensi e britanniche e, a quasi un anno di distanza dalla sua uscita, rilancia anche l’album. Catapultati sulla scena internazionale e inseriti a furor di popolo nel cast del concerto in memoria di Freddie Mercury allo stadio di Wembley in Londra, gli Extreme si fanno furbi. Diluiscono l’impostazione heavy in un sound più ampio e maestoso, smussandone le asperità e riuscendo così ad ottenere un perfetto equilibrio tra la ballata e l’hard rock, con l’aggiunta di qualche richiamo classicheggiante e si garantiscono così un buon periodo di successi.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".