Il 2 marzo 1964 a San Francisco, in California un infarto chiude la vita e la carriera di Joe Rushton, uno dei rari jazzisti disposti a cimentarsi in uno strumento inusuale come il sassofono basso. Ha cinquantasei anni e all’anagrafe è registrato con il nome di Joseph Augustine Rushton.
Uno strumento marginale
Nato a Evanston nell’Illinois, Joe inizia a soffiare negli strumenti ad ancia nel periodo dell’adolescenza. A partire dal 1928, quando ha ventun anni e suona nei California Ramblers, sceglie definitivamente il sassofono basso, fino a quel momento considerato una voce marginale nelle jazzband. cui è praticamente l’unico strumentista specialisti. Prima della fine dell’anno lascia la band e si mette in proprio dando vita a una formazione con la quale opera nei locali di Chicago fino al 1932. Chiusa l’esperienza autonoma riprende a girovagare tra le orchestre dell’area chicagoana. Nel 1934 suona con la band di Ted Weems e successivamente con i gruppi di Frank Snyder e Bud Freeman. Instabile come tutti i jazzisti di razza, dopo aver militato per ben tre anni nella formazione diretta da Jimmy McPartiand, nel 1942 lascia l’Illinois e se ne va in California, dove entra a far parte dell’orchestra di Benny Goodman. Ci resta fino al 1943 quando per l’ennesima volta sceglie di cambiare aria.
L’epopea con i Five Pennies
Tra il 1944 e il 1945 il suo sassofono basso è alle dipendenze della band di Horace Heidt. Alla fine della seconda guerra mondiale incontra Red Nichols, che gli propone di unirsi a lui nei riformati Five Pennies. Rushton accetta con riserva. Il sodalizio si rivelerà, invece, saldissimo e il suo apporto caratterizzerà lo stile della nuova edizione dei Five Pennies. Praticamente non se ne andrà più, anche se periodicamente annuncerà il suo ritiro dalle scene. Per la verità i suoi non sono soltanto annunci, visto che per un certo periodo trova anche lavoro come operaio in una fabbrica di aeroplani. La voglia di suonare è più forte di tutto e anche quando il suo cuore comincia a dargli qualche problema lui non se ne cura. Nel 1963 si imbarca in una lunga e faticosa tournée con Nichols e i Five Penny che lo lascia fisicamente e psicologicamente prostrato. Per l’ennesima volta annuncia il ritiro dalle scene, ma poi riprende a suonare. Il suo cuore cede mentre è ancora nel pieno della sua attività. Oltre alle incisioni delle band nelle quali ha militato di lui restano testimonianze su vinile nel lavoro in studio di gruppi come quelli di Pete Daily, Floyd O’Brien e Zep Meissner.