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Jim Dine al Palazzo delle Esposizioni

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Nancy and I at Ithaca (Straw Heart), 1966-1969 - lamiera d’acciaio e paglia / steel plate and straw (157,5 x 182 x 35,5 cm) Parigi, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne-Centre de création industrielle. Dono/Gift Jim Dine 2017 © Audrey Laurans - Centre Pompidou, MNAM-CCI /Dist. RMN-GP © Adagp, Paris

Il Palazzo delle Esposizioni dedica, dall’11 febbraio al 2 giugno 2020, una grande mostra a Jim Dine (Cincinnati, USA, 1935) uno dei maggiori protagonisti dell’arte americana dagli anni ‘60, il cui lavoro, radicale e innovativo, ha avuto un grande impatto sulla cultura visiva contemporanea, in particolare su quella italiana di quegli anni ed oltre. Si tratta di un’ampia mostra antologica, realizzata in stretta collaborazione con lo stesso artista, curata da Daniela Lancioni incaricata dell’Azienda Speciale Palaexpo. La mostra è stata promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale, ideata e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo.

Jim Dine in The Smiling Workman, Judson Church, New York, 29 febbraio/February 1960. Foto di/Photos by Robert R. McElroy Getty Research Institute, Los Angeles (2014.M.7) © J. Paul Getty Trust

Sono esposte oltre 80 opere, datate dal 1959 al 2018, provenienti da collezioni pubbliche e private, europee ed americane. Un esaustivo apparato iconografico ci restituisce la memoria visiva dei celebri happening, raccontati e registrati per la mostra dalla voce dello stesso Jim Dine. Una selezione di video interviste infine, permette di familiarizzare con la figura dell’artista che, tra l’altro presente all’inaugurazione, parteciperà ad alcune attività collaterali previste nel periodo della mostra.

Nonostante la sua popolarità e la capacità di ispirare molti artisti venuti dopo di lui, Jim Dine rimane difficilmente catalogabile, anche se si può inserire nel movimento Neo Dada, che riprende i temi e gli stili dadaisti, ed è caratterizzato dall’uso di materiali moderni ma anche da soggetti dell’immaginario popolare. In Jim Dine sono esemplari l’autonomia e la libertà con le quali da sempre si rapporta al panorama dei valori accertati, in virtù soprattutto della sua volontà d’indipendenza e del suo rifiuto a identificarsi nelle categorie della critica, della storia dell’arte e del mercato, usando nelle sue opere, contrasti assurdi che negano apertamente i concetti tradizionali dell’estetica.

Ma soprattutto, a rendere attuale il suo lavoro, è la sua spiccata capacità di mettere in dialogo la dimensione strettamente personale con quella collettiva, attitudine attraverso la quale, dagli anni del suo esordio ad oggi, Dine rimane un valido rappresentante della ricerca di una nuova soggettività.

Come sottolinea la curatrice Daniela Lancioni nel catalogo della mostra:

  • All’indomani della Seconda guerra mondiale, pragmatismo americano ed esistenzialismo europeo offrivano due modelli diversi di soggettività dei quali l’opera di Jim Dine annuncia una possibile convergenza. Charles Sanders Peirce aveva sottratto l’idea alla sfera astratta della metafisica per consegnarla alla verifica pratica e dopo di lui John Dewey, nume tutelare dell’Action Painting, aveva radicato nella coscienza americana (e non solo) la convinzione che l’arte non potesse essere disgiunta dall’esperienza quotidiana. Sull’altro fronte, Martin Heidegger, Jean-Paul Sartre, Albert Camus, Maurice Merleau-Ponty e gli altri filosofi e scrittori che compongono la cangiante galassia dell’esistenzialismo, sottratto il sapere alla sfera dell’astrazione e della metafisica, scoprirono il nulla velato dall’esistenza quotidiana e un soggetto libero, ma nauseato dall’accavallarsi delle infinte possibilità di scelta. Oppure, in un’accezione più positiva dell’esistenzialismo, un soggetto coincidente con l’oggetto della sua indagine. “La vera rimessione”, scriveva Merleau-Ponty nel 1945, “mi dà a me stesso, non come soggettività oziosa o inaccessibile, ma come identica alla mia presenza al mondo e agli altri, quale io la realizzo ora: io sono tutto ciò che vedo, io sono un campo”. L’invito è a visitare la mostra di Jim Dine alla luce di un pensiero che ha le sue radici sia nel pragmatismo sia nell’esistenzialismo e che ha ridefinito il soggetto percependolo come parte di un insieme –
Putney Winter Heart (Crazy Leon), 1971-1972 acrilico su tela e oggetti / acrylic on canvas and objects 183 x 183 cm Musée d’art moderne et contemporain de Saint-Étienne Métropole ©Yves Bresson, Musée d’art moderne et contemporain de Saint-Etienne Métropole

Il percorso della mostra è cronologico ed offre una vista d’insieme sul lavoro di Jim Dine, dagli esordi a oggi. Buona parte delle opere esposte sono quelle donate nel 2017 dall’artista al Centre Pompidou e che il museo francese, ha generosamente prestato. È una raccolta di trenta lavori, datati dal 1961 al 2016, che da sola ha il respiro di un racconto biografico.

Per quanto riguarda la sezione degli happening, è stata condotta un’approfondita ricerca delle fonti iconografiche negli archivi che detengono le immagini dei maggiori fotografi attivi negli anni Cinquanta e Sessanta sulla scena artistica downtown di New York: Robert R. McElroy, Fred W. McDarrah e Peter Moore. Un ampio spazio è dedicato ai dipinti datati tra il 1960 e il 1963, attraverso i quali i visitatori possono familiarizzare con i temi noti dell’arte di Dine: gli strumenti di lavoro, la tavolozza del pittore, gli indumenti. Opere differentemente basate sulla presenza degli oggetti, sulla sensualità della pittura, sul dato analitico rilevato dal disegno o sulla dimensione ambientale. In mostra alcune delle opere considerate i suoi capolavori, come Window with an Axe del 1961, Black Shovel del 1962, Four Rooms del 1962, costituito da quattro grandi tele e da elementi dislocati nello spazio, e Two Palettes in Black with Stovepipe (Dream) del 1963. Sono esposti inoltre cinque degli otto lavori presentati alla Biennale di Venezia del 1964, tra le icone più note dell’artista, oltre a Four Rooms e Black Shovel, Shoe del 1961, White Bathroom del 1962 e The Studio (Landscape Painting) del 1963.

Pinocchio (Blind Boy), 2004 smalto su legno / enamel on wood 261,6 x 170,2 x 80 cm – Courtesy Richard Gray Gallery e l’artista/Courtesy of Richard Gray Gallery and the artist © Joerg Lohse, Courtesy the artist and Richard Gray Gallery, Chicago/New York

Una tappa della mostra è dedicata ai lavori degli anni 1964 e 1965, in particolare alle sculture di alluminio (Red Axe, Large Boot Lying Down entrambi del 1965) e a quelle opere dove l’artista affida il suo autoritratto agli indumenti svuotati dalla figura, tra le altre Stephen Hands Path del 1964, My Tuxedo Makes an Impressive Blunt Edge to the Light e British Joys (A Picture of Mary Quant), entrambi del 1965.

Ai noti Cuori di Jim Dine è dedicata una sala, con alcune delle opere realizzate a Putney nel Vermont nell’inverno del 1970-1971. Nell’ultima delle sei sale intorno alla rotonda del Palazzo delle Esposizioni è esposta Black Venus del 1991 (scultura derivata dal modello della Venere di Milo, cui Jim Dine lavora a partire dalla fine degli anni Settanta) e altre opere diversamente riconducibili a modelli dell’arte del passato. La mostra prosegue con una selezione di opere degli anni più recenti e termina con i Pinocchi, sculture in legno realizzate a partire dai primi anni Duemila. Questa reiterata presenza svelerà la predilezione di Jim Dine per il personaggio di Carlo Collodi, considerato da lui sublime scultore.

La mostra sarà accompagnata da un catalogo bilingue (italiano e inglese) corredato da saggi e dalle tavole delle opere esposte pubblicato da Quodlibet, Macerata. Oltre al testo della curatrice, sono stati pubblicati i testi di Francesco Guzzetti (postdoctoral research fellow The Morgan Library and Museum, New York) sugli happening; di Annalisa Rimmaudo (curatrice Centre Georges Pompidou) sulla presenza della scrittura nell’opera di Jim Dine; di Claudio Zambianchi (professore ordinario Università Sapienza Roma) sulla presenza degli oggetti nell’opera di Jim Dine; Paola Bonani (curatrice junior Azienda Speciale Palaexpo) ha curato la cronologia e gli apparati.

Jim Dine 2019 Photo Diana Michener

La mostra sarà accompagnata da una serie di eventi collaterali, alcuni che coinvolgeranno lo stesso artista e poi altre figure della cultura internazionale. In occasione della mostra, inoltre, il Palazzo delle Esposizioni dedicherà opere e discorsi all’artista. Sono previsti: quattro concerti, cinque performance, sette conferenze, un glossario, una tavola rotonda, una proiezione, laboratori, visite guidate e una rassegna cinematografica (ingresso gratuito) dedicata al regista statunitense indipendente John Cassavetes (1929-1989). Appuntamento da non perdere: mercoledì 18 marzo alle 19:00 nella rotonda di Palazzo delle Esposizioni si terrà House of Words, un reading con Jim Dine, accompagnato da Fabrizio Ottaviucci al pianoforte e Daniele Roccato al contrabbasso.

INFO – Palazzo delle Esposizioni, via Nazionale 194 – 00184 Roma

Orari: domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30; lunedì chiuso. Singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 06 39967500. – www.palazzoesposizioni.it

Si informa che le attività del Palazzo delle Esposizioni proseguono come programmato con ingressi contingentati per garantire il rispetto della distanza di sicurezza di un metro tra le persone prevista dal DPCM del 04/03/2020. Attualmente sono in corso le mostre “Jim Dine” e “Gabriele Basilico. Metropoli”.

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Carla Guidi
CARLA GUIDI – www.carlaguidi-oikoslogos.it Giornalista pubblicista, iscritta ODG Lazio, ha collaborato per più di 10 anni con il settimanale (in cartaceo) “Telesport”, adesso collabora con alcune testate e riviste periodiche online, tra queste “Abitare a Roma”, “ll Paese delle donne”, “Lazio ieri ed oggi”, “About Art online” e “Daily Green” ove è in redazione. Conseguito il diploma superiore di Accademia di Belle Arti di Roma, sezione pittura (tenuto dal maestro Gentilini), è docente di Disegno e Storia dell’Arte nelle scuole pubbliche, medie superiori. Si è occupata di Computer Art dal 1981 e sue immagini sono state pubblicate nel volume Computer image di Mauro Salvemini (Jackson Libri, 1985). Ha gestito la Galleria d’Arte “5x5” in via Garibaldi in Trastevere negli anni ’70/’80 insieme a Rinaldo Funari ed ha organizzato varie mostre, manifestazioni e convegni anche presso istituzioni come la Casa delle Donne, la Casa della Memoria e della Storia di Roma, alcune Biblioteche comunali di Roma ed un Convegno di sociologia a Bagni di Lucca. Dal 1975 si è avvicinata alla psicoanalisi e dal 1982 è stata accettata dalla Società italiana di psicodramma analitico – SIPSA in qualità di membro titolare. In seguito ad una formazione quinquennale con trainer internazionali, ha svolto attività di collaborazione presso la Società Medica italiana di Analisi Bioenergetica SMIAB ed è divenuta membro titolare dell’International Institute for Bioenergetic analisys di New York, rimanendo iscritta fino al 1995. Attualmente è stata invitata più volte a relazionare in Convegni Nazionali ANS alla Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione. Ha scritto alcuni libri sulla memoria storica quali Operazione balena - Unternehmen Walfisch sul rastrellamento nazista del 17 aprile 1944 al Quadraro, giunto alla sua terza edizione (Edilazio, Roma 2013); Un ragazzo chiamato Anzio sulle vicende dello sbarco alleato del 1944, alla sua seconda edizione (A. Sacco, Roma 2013); Estetica anestetica - Il corpo, l’estetica e l’immaginario nell’Italia del Boom economico e verso gli anni di Piombo (Robin Edizioni, Torino 2018). Sempre per Robin Edizioni nel 2019 ha pubblicato il libro socio-fotografico in collaborazione con Valter Sambucini e con la presentazione di Franco Ferrarotti, Città reali, città immaginarie - Migrazioni e metamorfosi creative nelle società nell’Antropocene tra informatizzazione ed iper/urbanizzazione, con i contributi del giornalista e sociologo Pietro Zocconali, Presidente A.N.S, dello storico dell’arte Giorgio Di Genova, dello scrittore Roberto Morassut e del Presidente dell’Ass. Etica Massimo De Simoni. Una sezione del libro approfondisce la grande diffusione della tecnica del tatuaggio, valutandone aspetti storici, sociologici ed artistici, con i contributi dello scrittore Eliseo Giuseppin ed una intervista all’artista Marco Manzo. Ha curato insieme allo storico dell’arte Giorgio Di Genova, l’esposizione online Quintetti d’arte dal 06/04/2020 al 31/08/2020, con una parte, Vetrina dell’invisibilità, dedicata agli artisti che hanno rappresentato visivamente la tragedia della pandemia. Di questo progetto nel 2021 è uscita l’edizione in cartaceo (Robin Edizioni, Torino). Appena uscito il libro - Lo sguardo della Sibilla. Dal Daimon all’Anima Mundi: la poetica di Placido Scandurra (Robin editore 2022) - http://www.robinedizioni.it/nuovo/lo-sguardo-della-sibilla. Al suo attivo anche alcune pubblicazioni di poesia su tematiche ambientali: Ha curato, insieme a Massimo De Simoni, l’antologia I poeti incontrano la Costituzione (Ediesse, 2017) -