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Jaki Byard, tra piano, sax e molto altro

Il 15 giugno 1922 a Worcester, in Massachusetts, nasce il pianista e compositore Jaki Byard, il cui vero nome è John Arthur Byard jr.

Figlio d’arte

La madre suona il piano e il padre è sassofonista in una marching band. Il piccolo Jaki viene avviato agli studi musicali fin da giovanissimo. Tra gli otto e i dieci anni studia pianoforte e impara dal padre a suonare la tromba. Il primo ingaggio professionale lo ottiene all’Entertainment Club del Worcester Boys Club. Suona poi in vari gruppi prima del 1941 quando, chiamato sotto le armi, suona qualche volta con il pianista Ernie Washington e il batterista Kenny Clarke. Sempre sotto le armi impara a suonare il trombone. Dopo il congedo torna a Boston e nel 1947 si unisce al gruppo di Earl Bostic che abbandona presto per andare in Canada dove studia anche sassofono. Tornato a Boston riprende a suonare con Bostic e inizia a collaborare con Jimmy Tyler. Alle varie scritture come pianista affianca le esibizioni al sax nell’orchestra di Herb Pomeroy. Nel 1959 entra a far parte dell’orchestra di Maynard Ferguson, che lascia nel 1962 per entrare nel gruppo del contrabbassista Charlie Mingus. In questo periodo Byard suona e incide anche con i gruppi di Eric Dolphy, Booker Ervin, Don Ellis, Ken McIntyre, Charlie Mariano, Sam Rivers e Roland Kirk.

Contrabbasso, batteria, sax, tromba e al trombone oltre al piano

Lasciato Mingus, Byard continua a incidere e a suonare con propri gruppi. Si esibisce, inoltre, come pianista in varie parti del mondo. Ottimo pedagogo, cosi come buon esecutore al contrabbasso e alla batteria, al sax contralto, alla tromba e al trombone, Jaki Byard resta comunque un grandissimo pianista capace di riassumere l’intero arco storico della musica afro-americana, dal ragtime al free bop. Byard amalgama il passato ai più avanzati ritmi e alle più moderne armonie: il suo stile, in questo modo caleidoscopico, è in grado di offrire una sequenza amplissima di prospettive dalle quali partire per improvvisare. Dalle scure inflessioni gospelizzanti, ai bassi ritmici dello stride, al fraseggio teso e veloce di Bud Powell o a quello ripido e frammentato di Monk, Byard costruisce una sorta di complesso e sempre sorprendente puzzle, che richiede un valido magistero alla tastiera. Muore a New York l’11 febbraio 1999.

 

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