Jack London pseudonimo di John Griffith Chaney, nacque a San Francisco il 12 gennaio 1876. Dopo aver trascorso un’infanzia difficile, visse svolgendo diversi lavori e frequentando ambienti pieni di ladri e contrabbandieri. S’iscrisse alla Oakland High School e successivamente all’Università della California. Nel luglio del 1897 si unì ad alcune spedizioni di cercatori d’oro in direzione del Klondike, luogo dove ambienterà i suoi racconti più famosi.
E proprio a cavallo del nuovo secolo, Jack London iniziò ad appassionarsi di problematiche politiche e a interessarsi del nascente socialismo in America come testimonia la sua partecipazione in quel periodo a una marcia di disoccupati su Washington. Jack London cominciò allora a dedicarsi sempre di più all’attività di scrittore e giornalista divenendo uno dei più prolifici nella storia della letteratura statunitense. Nel 1904 seguì la Guerra russo-giapponese come corrispondente di guerra mentre nel 1907 salpò per i Mari del Sud e l’Australia dove rimase fino al 1909. Tornato in patria, si stabilì a Glen Ellen in California dove morì nel 1916 all’età di soli 40 anni a causa di un’overdose di antidolorifici. Tra i suoi libri più noti, ricordiamo Il richiamo della foresta (1903), Il romanzo di un boxeur (1905), Zanna Bianca (1906), Martin Eden (1909), La valle della Luna (1913), Il vagabondo delle stelle (1915) e La piccola signora della grande casa (1916).
Jack London, uno dei padri della letteratura americana
Tematiche della narrativa di Jack London
Secondo autorevoli studi, le sue opere possono suddividersi in tre grandi blocchi: i romanzi d’avventura, dove rientrano Il richiamo della foresta, Il lupo di mare e Zanna bianca; i testi più propriamente autobiografici come La strada, Martin Eden e John Barleycorn; e, infine, i libri di sapore fantapolitico come Il tallone di ferro o di argomento comunque politico come Il popolo dell’abisso. C’è immediatamente da sottolineare come Jack London sia stato un autore sempre molto letto in tutto il mondo nonostante il mondo accademico e la critica letteraria l’abbia trattato inizialmente con molta freddezza. Soprattutto nei paesi occidentali, una rivalutazione della sua narrativa c’è stata solo verso gli anni a cavallo dei ’60 e ’70 e questo perché, finalmente liberi da paraocchi di natura ideologica, è stata riconosciuta l’abilità dello scrittore Jack London nel cogliere i conflitti umani e sociali che hanno caratterizzato gli Stati Uniti e il movimento socialista e sindacale americano degli inizi del XX secolo.
In fin dei conti, le sue tematiche preferite riguardano le descrizioni dei contesti sociali tipici delle classi subalterne, dei bassifondi delle nascenti metropoli americane, di avventurieri e di cercatori d’oro, dei Mari del Sud, del Klondike. Ispirandosi stilisticamente al realismo americano, al naturalismo di Zola e alle teorie di Charles Darwin, Jack London analizza il passaggio delle comunità umane dallo stato primitivo, caratterizzato dalla lotta per la sopravvivenza, alla successiva civiltà industriale. E, infine, un accenno alla lingua che lo scrittore americano utilizza nelle sue opere; come sottolinea lo scrittore Nicola Lagioia “il suo stile è lineare, asciutto, piuttosto ordinato. Eppure ci sono almeno due caratteristiche che lo rendono attuale e estremamente degno d’interesse. Innanzitutto il ritmo: la prosa di London non perde quasi mai colpi, e la sua velocità non va mai a discapito della completezza, della ricchezza, della molteplicità di punti di vista – è un dinamismo, insomma, capace di trascinarsi dietro interi mondi. In secondo luogo l’irriducibilità: la lingua di Jack London resta la lingua di Jack London, sempre. Portata alle estreme conseguenze, vale a dire, rimane identica a se stessa. Scomposta in mille frammenti, trasmette una sensazione vertiginosa che sembra farsi beffe di ogni principio di fisica terrestre: non otteniamo, cioè, tante micro-tessere diverse l’una dall’altra, ma sempre la medesima particella molecolare che, unita a particelle molecolari assolutamente identiche, dà vita a quadri, pannelli, affreschi, movimenti sempre diversi”.
Le idee politiche di Jack London
Spesso associato alle idee del nascente socialismo, c’è da rilevare che le sue idee politiche erano poco approfondite e animate più da un romanticismo di carattere personale che da studi e riflessioni accurate. Tra i suoi riferimenti culturali si può trovare Nietzsche, Kipling, Marx, Proudhon, Saint-Simon e Spencer. Per un verso, soprattutto i regimi del blocco sovietico favorirono la diffusione delle opere di Jack London, specie dove la sua narrativa poneva l’accento sulla denuncia degli squilibri sociali del nascente capitalismo americano.
Ma, per altro verso, i rilievi che Jack London presentava a proposito della celebrazione della forza e della potenza lo resero molto popolare anche in paesi come l’Italia fascista e la Germania nazista. Tuttavia, a una lettura più attenta e rigorosa, Jack London voleva semplicemente mettere in evidenza il rapido progresso che stava avvenendo negli Stati Uniti a cavallo tra vecchio e nuovo secolo con tutti i conflitti che ne seguirono, ed evidenziare, in particolare, la bellezza degli incontaminati paesaggi dell’ambiente nordamericano. Per cui, come evidenzia ancora Nicola Lagioia, Jack London può esser benissimo considerato come “il cantore dei diseredati, dei poveri, degli sfruttati, delle vittime del capitalismo. Ma se è vero che la critica sociale fa spesso da sfondo ai suoi libri, si potrebbe imbastire il medesimo discorso per l’individualismo esasperato che pure trasuda da alcuni personaggi (Martin Eden in primis) di un pantheon ricchissimo – un unico grande contenitore, quello della sua opera, in cui riecheggiano le voci di Marx, di Nietzsche, di Zola, di Darwin, con un risultato finale che va molto oltre la somma degli addendi e con una contraddittorietà che può spiazzare solo il pericolante approccio alla letteratura di certa critica militante”.