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Internet è verde? Il parere degli esperti

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Il N.Y. Times nella seconda di cinque puntate di un’inchiesta si propone di valutare quanto internet è “verde”, e il tipo di impatto sul nostro ambiente – più precisamente, l’impatto della nuvola, delle facilitazioni e delle aziende che immagazzinano dati per i siti e le applicazioni.

Impatto ambientale dei data center

La prima puntata, “Potere, inquinamento e Internet”, si concentra sui data centers che lavorano 24 ore su 24 usando generatori diesel come backup in caso di interruzione della corrente elettrica. La seconda puntata, “Data centers, capacità di alimentarsi e adattarsi” pubblicata oggi, si focalizza su una certa facilità di Microsoft di creare problemi in entrambi i sensi, elettrico e politico. Le prime due puntate sono riuscite molto bene a sollevare una questione importante: un mondo digitale si basa fondamentalmente sull’energia elettrica. Gli elettroni non possono trasmettere i bit se non scorrono. Il reporter James Glanz mira, appunto, a chiarire l’ampiezza di questo flusso elettrico.

Quanto è verde internet?

Ecco alcuni punti principali sollevati da Glanz. – “Le aziende on line funzionano normalmente e senza interruzione al massimo della capacità, quale che sia la domanda. Di conseguenza, il Times ha trovato che i data centers possono consumare il 90 per cento e più di corrente elettrica che prelevano dalla rete.” – “La disponibilità di energia elettrica varia sensibilmente da azienda ad azienda.

Ma, ad una domanda del Times, la società di consulenza McKinsey & Company ha controllato il consumo di energia dei data centers e ha appurato che consumano mediamente solo dal 6 al 12 per cento di elettricità per permettere ai loro servers di eseguire calcoli” – Per evitare cadute di tensione, i data centers si servono di generatori che emettono gas di scarico diesel. E i fatti dimostrano che le autorità ambientali hanno denunciato un numero sempre maggiore di data centers per violazione del regolamento sull’aria pulita.

“Secondo Nationwide, i data centers hanno usato nel 2010 circa 76 miliardi di kilowatt-ora, pari a circa il 2 percento di tutta la corrente elettrica consumata nel paese in quell’anno…”

L’industria internet

Migliorare o almeno valutare il settore è complicato dalla natura segreta di un’attività che è largamente fondata sull’accesso a dati personali. L’inchiesta ha già sollevato alcune precise critiche – ma non solo da parte dell’industria tecnologica. Ecco Dan Woods su Forbes.com: “Il problema più grande di questa questione è la confusione che si fa sulla “industria Internet”, che in questo articolo non è abbastanza definito, e sul mondo della Tecnologia dell’Informazione (IT), e cioè sull’uso di energia da parte delle imprese.

Il sottotitolo dell’inchiesta, “L’industria spreca ingenti quantità di energia elettrica” implica che “Internet” viene rappresentata come una realtà ecologica quando invece al presente è solo una potenza sprecona…Le quote di consumo dei data centers viene compresa tra il 7 e il 12 per cento. Non si è rilevato da nessuna parte che questo dato sia derivato dai data centers di IT, e neppure dalle aziende Internet che utilizzano i data centers. Huan Liu, utilizzando un modello straniero, stima che il consumo di energia elettrica di Amazon sta tra il 7 e il 25 percento. Ma Amazon, Facebook e Google tacciono sui loro tassi di consumo. E perciò non è esatto fare certi riferimenti. In altre parole, l’articolo utilizza elementi dei data centers di aziende tradizionali per fare improbabili generalizzazioni sul consumo di energia da parte delle aziende internet. E Tim Carmody su The Verge: “Ma i servers a ragione non usano il 100% della loro energia per il calcolo, i loro centri di produzione non funzionano sempre al limite della loro potenzialità perché (come Bruce Taylor dell’Uptime Institute racconta al Times) se qualcuno lamenta che non può accedere a YouTube o scaricare da Netflix, ti risponderanno che questo è un diritto divino”. E ciò perché quelle stesse infrastrutture fanno funzionare il nostro commercio, le nostre scuole, la polizia e le caserme dei pompieri, le nostre banche, la borsa valori, e sì certamente, i nostri media.

C’è invece da dire che i trasferimenti di dati zippati aiutano a muovere la nostra economia, allo stesso modo del boom delle autostrade a pedaggio, dei canali e delle ferrovie di 200 anni fa. Tutto ciò vale per il principio e per la politica di neutralità della rete che non distingue tra utenti bene o male intenzionati. Ed è anche vero che il fallimento di Internet, alla stregua del crollo di un ponte, può provocare veri disastri. Lamentare che un server consuma solo il 10 percento della sua quota di elettricità è come lamentare che solo il 10 per cento dei neuroni del cervello umano si accende in certi momenti.

Ciò significa dimenticare che un picco di tensione nell’attività elettrica di solito ne provoca la caduta. Il seguente estratto del primo articolo dimostra chiaramente le sue lacune. Esso condivide esattamente la posizione di Glanz sul consumo di energia elettrica dei data centers di 76 miliardi di chilowattora nel 2010. L’industria ha a lungo sostenuto che l’informatizzazione delle transazioni commerciali e delle attività di tutti giorni, come le operazioni bancarie e la lettura di libri in biblioteca, comporta un risparmio netto di risorse e di consumo energetico. Ma l’industria della carta, che in tanti hanno profetizzato come soppiantata dall’avvento del computer, secondo il Census Bureau e l’Electric Power Research Institute per il Times, ha consumato 67 miliardi di kilowattora nel 2010.

L’industria della carta ha, allora, consumato energia appena meno di internet? Trovo che ciò riduce l’impatto che si percepisce di internet. L’informatizzazione consuma il 13 per cento in più dell’energia dell’industria della carta? Da dove hanno origine tutti questi problemi? Quando Glanz sposta il problema sul consumo di energia dei generatori diesel per i data centers, a cosa paragona quel tipo di inquinamento? È peggiore dell’inquinamento da traffico stradale? peggiore dell’inquinamento delle altre industrie? peggiore delle altre industrie che usano generatori diesel? Ma Glanz ignora completamente gli sforzi che si fanno per migliorare l’efficienza dei data centers e per farli più “verdi”. L’universtà di Siracusa ha un data center a basso impatto, così l’IBM nel Poughkeepsie e il National Snow e l’Ice Data Center. La Apple ha recentemente costruito un impianto di cloud-computing nel North Carolina che dispone di un enorme campo di pannelli solari. Glanz omette pure di menzionare le campagne di sensibilizzazione ambientale (tipo Greenpeace) che stanno incalzando le aziende tecnologiche affinché riducano l’uso di energia da combustibili fossili. Sono annunciate altre tre puntate dell’inchiesta. E’ possibile che Glanz riesca a spiegare meglio il contesto dei risultati della sua ricerca e/o gli sforzi in atto per ridurre il consumo energetico. Ma è un cattivo servizio sostenere semplicemente, in un mix di altre critiche, che Internet utilizza un sacco di potenza. Lo fa di certo! Ma il consumo di energia non è intrinsecamente cattivo. Glanz deve al lettore – in particolare al lettore di una sola parte della sua inchiesta – un quadro più ampio di quello che l’uso di energia significa nel contesto di una società in evoluzione. Ciò che è deplorevole è una presunzione di colpevolezza.

Fonte: NY Times

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