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In libreria “La fabbrica dei mondi”

Matteo Meschiari, "La fabbrica dei mondi". Letteratura e Territà.

La fabbrica dei mondi è una raccolta di esercizi di lettura che indagano la crisi antropocentrica e la sua possibile risoluzione nella letteratura.

Nella potenza generosa dell’immaginario letterario contemporaneo Meschiari analizza le possibili relazioni dell’uomo con la Terra e con la natura: è la Territà, il rapporto evolutivo e culturale che lega la nostra specie ai paesaggi terrestri. Tutta la nostra storia biologica, cognitiva e culturale, è stata modellata dai luoghi nei quali eravamo immersi. Conoscere, pensare e immaginare questi paesaggi è una necessità primaria.

Questa la stimolante teoria dell’autore, che considera il worldbuilding letterario come una strategia di comprensione e narrazione del nostro mondo reale. In essenza, «immaginare significa vedere l’invisibile con gli occhi della mente».

«Perché il punto è questo: nei grandi passaggi d’epoca, nei momenti di crisi, la nostra specie, antropologicamente, poeticamente, ritorna ancora e sempre alla Terra, al pensare e immaginare la Terra come atto di sopravvivenza e rifondazione.»
Italo Calvino, Pier Paolo Pasolini, John Ronald Reuel Tolkien, Cormac McCarthy, Paul Shepard, William Vollmann, Laura Pugno, Laura Pariani e alcuni altri ci dicono qualcosa di irrinunciabile sul bisogno di fabbricare mondi immaginati per capire i mutamenti del nostro. Come scout in avanscoperta nella wilderness dei tempi, ci portano frammenti di mappa e, nel grande gioco di cartografia dell’immaginario terrestre da cui dipende la nostra salvezza, fanno qualcosa di contemporaneo e al tempo stesso ancestrale.

«Quando il crollo è avvenuto, l’unica cosa che resta a chi sopravvive, a parte migliaia di frammenti alieni del mondo di prima, è la Terra sotto i piedi. Né madre né matrigna, né massa inerte né Gaia senziente, la Terra è come un grande animale del Tempo di cui restano solo le ossa. Che cosa si può fare con un cumulo d’ossa nella tabula rasa della prateria? Alcuni popoli, lontani nello spazio e nel tempo dal nostro Occidente, ce lo raccontano da sempre con varianti infinite dello stesso mito: le ossa vengono ricomposte e l’animale rinasce. Non è questione di superstizione, di speranza o di credenza. L’animale rinasce perché è pensato, cercato, desiderato, perché è una bestia fatta di carne ma anche di idee, perché se non fosse immaginato sarebbe perfino impossibile cacciarlo. Quando il suo corpo muore, quando una civiltà muore, l’unico modo per de-estinguerla è re-immaginarla. Per alcune persone che camminano, pensano e immaginano molto – come le autrici e gli autori in questo libro – la risposta è semplice: la Terra si salva con la Terra.»

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