Come riportato da VICE NEWS, una piattaforma che offre news da tutto il mondo, in alcune zone che si trovano intorno all’Ilva di Taranto, si sta coltivando cannabis con lo scopo di bonificare i terreni.
Canapa, la pianta che assorbe la diossina
Negli anni successivi all’incidente di Chernobyl, la più grave tragedia nucleare della storia dell’umanità, si sono moltiplicate le iniziative per tentare di mettere in sicurezza l’area, si sono trasferiti pascoli, introdotte colture “resistenti” alle tossine, e messi in opera progetti di bonifica per la riqualificazione dei campi.
Nel 1998 la società americana Phytotech, specializzata in biotecnologia ambientale, avviò, insieme all’Ukraine’s Institute of Bast Crops, un progetto sperimentale basato sulla tecnica del fitorisanamento, che consiste “nell’uso diretto di piante verdi viventi per la rimozione, la decomposizione, o il contenimento dei contaminanti nel suolo, nei fanghi, nei sedimenti e nelle acque superficiali e sotterranee.” In sostanza, questa tecnica consiste nel coltivare i terreni inquinati con alcuni tipi di piante che, in virtù del loro potere bonificante, assorbono le sostanze tossiche rendendole innocue.
Sono in tutto una decina le piante in grado di svolgere questa funzione, dal girasole alla senape indiana, dal vetiver al pioppo, per finire alla canapa.
Il primo esempio di bonifica ambientale tramite cannabis fu realizzata proprio a Chernobyl e, grazie ai risultati raggiunti, venne poi replicata in altre aree rurali del mondo infestate sopratutto da diossina, la sostanza tossica che viene meglio assorbita dalle radici di questa pianta.
Attualmente anche in Italia sono presenti alcuni progetti sperimentali di bonifica con la canapa, tra la Terra dei Fuochi, Brescia e la Sardegna, ma l’iniziativa che riguarda la zona dell’Ilva di Taranto, è ad uno stadio molto avanzato.
Ilva di Taranto. La bonifica dei terreni inizia con la canapa
Tutti conosciamo la tragedia che si sta ancora consumando attorno all’Ilva: la Procura di Taranto nel 2012 ha attribuito alle sostanze tossiche emesse dagli stabilimenti, la morte di circa 11mila persone nei sette anni precedenti, per una media di oltre mille decessi all’anno. L’lva è stata anche ritenuta responsabile del 30,6 per cento delle emissioni nazionali di diossina, un valore che nel 2006 sale addirittura al 92 per cento se si considerano i dati del Registro INES.
Il problema della contaminazione degli animali da pascolo ha portato negli anni all’abbattimento di decine di migliaia di ovini e bovini, come è successo a Vincenzo Fornaro, allevatore di terza generazione e proprietario di una masseria situata a pochi chilometri dallo stabilimento siderurgico.
La masseria Fornaro, in collaborazione con Canapuglia, ha messo a disposizione tre ettari del suo terreno per la sperimentazione del fitorisanamento tramite canapa, così da verificare l’effettiva bonifica da diossina.
È nata così nasce C.A.N.A.P.A. (Coltiviamo Azioni Per Nutrire Abitare Pulire l’Aria), un progetto di ricerca pionieristico in Italia volto a testare l’efficacia della coltivazione della canapa nel ripulire il territorio agricolo limitrofo al polo siderurgico tarantino dell’Ilva. Oltre a Canapuglia, l’iniziativa è stata promossa da ABAP – Associazione biologi ambientalisti pugliesi – e dal Centro di Ricerca per l’Agricoltura.
“Il nostro è stato il primo vero esperimento in Italia sulle potenzialità della canapa nel meccanismo del fitorisanamento” racconta a VICE NEWS Claudio Natile, Presidente di CanaPuglia. “Abbiamo scelto questa masseria perché era simbolo del danno ambientale, sociale ed economico che il siderurgico stava perpetrando sul territorio ionico.”
Data la natura sperimentale del progetto, è ancora impossibile stabilire se in futuro i terreni attorno all’Ilva potranno essere nuovamente coltivati ad alimenti o destinati al pascolo animale, come però sottolinea Natile, “possiamo già dire che la canapa va a migliorare la fertilità del suolo aumentando la frazione organica, va a lavorare il suolo agricolo in profondità con le sue radici, va a sequestrare otto-dieci tonnellate di CO2 ad ettaro e va a fissare il carbonio nel suolo, elemento fondamentale per mitigare i cambiamenti climatici.” Ecco perché il Presidente di Canapuglia sottolinea come basterebbe questo per promuovere la coltivazione su più larga scala.
Fonte: VICE NEWS