Come ogni anno, è tornato il Salone del Libro di Torino, una tra le manifestazioni culturali più attese nel campo della cultura italiana, che si è svolto dall’8 al 12 maggio scorso. Arrivato ormai alla sua 27esima edizione, il tradizionale Salone del libro è stato ospitato nei padiglioni del Lingotto Fiere del capoluogo piemontese dove, nelle 27 sale convegni, sono stati ospitati più di 1.200 editori e centinaia di eventi e dibattiti. Secondo i comunicati ufficiali, anche quest’anno s’è registrato un incremento di visitatori (oltre 339 mila contro i 329 mila della passata edizione) tanto che diversi operatori del settore ne hanno intravisto un segnale positivo che può far invertire la tendenza negativa nell’acquisto di libri (anche se il mercato librario nel primo trimestre 2014 segna ancora -2% rispetto allo stesso periodo del 2013).
Il Salone del libro di Torino, ancora un’edizione in chiaroscuro
Il concetto di “bene” come motivo guida del Salone
Il tema principale del Salone 2014 era Bene in vista dove per “bene” s’intendeva non tanto un concetto o un’oggetto in concreto ma il “bene” come sinonimo di qualità.
Ernesto Ferrero (in foto), direttore del Salone del Libro, ne ha così riassunto il significato: “Visto che stiamo affrontando una profonda e gravissima crisi morale occorre ristabilire dei paletti, tornando a chiedersi dove corrono i confini del bene e del male”. Oltre agli appuntamenti ospitati all’interno della struttura del Lingotto, non sono poi da dimenticare gli eventi del Salone Off con oltre 350 appuntamenti in biblioteche, musei e teatri della città sabauda. Durante la kermesse del libro torinese, non sono certamente mancati momenti e spazi di riflessione riguardanti l’evoluzione del libro e dell’editoria con particolare riferimento allo sviluppo del libro digitale. Sempre il direttore del Salone di Torino, Ernesto Ferrero, durante la presentazione dell’edizione 2014, ha posto il seguente quesito: “La domanda resta sempre la stessa: preso atto con soddisfazione dei grandi numeri, di una partecipazione così intensa, di acquisti mirati, di incontri e convegni affollatissimi, cosa fare negli altri 360 giorni dell’anno?”
Già, che fare?
L’interrogativo posto da Ferrero andrebbe, tuttavia, declinato anche in altro verso e cioè come trarre spunto dall’attuale situazione di crisi (alcuni commentatori parlano anche di coma profondo dell’editoria italiana) per trovare delle modalità nuove per fare editoria nel XXI secolo. Ma tutto questo al Salone 2014 non s’è visto. È ormai noto che la causa principale del calo delle vendite dei libri da alcuni anni a questa parte risiede nel sempre più ridotto bacino di lettori e nella minore propensione alla spesa di chi legge in Italia ma dal Salone del Libro di Torino non sono arrivati suggerimenti su come recuperare (o almeno provare a recuperare) un certo feeling tra gli italiani e la lettura. La stessa formula del meeting piemontese sta risultando sempre più stanca e meno attrattiva.
Se poi chi decide di andare a visitare i padiglioni del Lingotto deve anche pagare il biglietto d’entrata, deve trovare la convenienza per procedere all’acquisto perché se un volume costa come in libreria, perché portarselo dietro tutto il giorno insieme a tanti altri libri? I piccoli editori al Salone, purtroppo, sono sempre meno anche perché gli spazi espositivi costano molto (mediamente tra viaggio, costo dello stand e mangiare e dormire, un piccolo editore spende alcune migliaia di euro per 5 giorni e le vendite, spesso, non compensano certo questi costi elevati) e, forse, provare a farlo diventare un Festival itinerante, anziché tenerlo fermo solo a Torino potrebbe aiutare. In altre parole, bisogna andare a cercarli i lettori, non solo tentare di attirarli.