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Il lungo calvario del Belice

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Il 14 gennaio 1968 un terribile terremoto scuote la Sicilia e rade al suolo quasi tutti i paesi della Valle del Belice, un’area rurale della Sicilia occidentale.

Promesse mai mantenute e soldi mai arrivati

Il sisma causa il crollo di interi paesi e lascia una scia di morte e distruzione. I centri più colpiti sono Gibellina, Salaparuta, Poggioreale, Santa Ninfa, Montevago e Partanna. Alcuni di questi paesi vengono completamente rasi al suolo. Si contano oltre trecento morti, migliaia di feriti e più di centocinquantamila senza tetto. Nei giorni immediatamente successivi le autorità di governo ai vari livelli assumono impegni di immediata ricostruzione destinati a non essere mai completamente mantenuti. Per le popolazioni colpite inizia un lungo calvario irto di ostacoli burocratici, di promesse mai mantenute e di soldi stanziati e mai arrivati a destinazione.

Il Cretto di Burri

La risposta delle istituzioni fin dall’inizio appare lenta e inadeguata. Gli sfollati vengono costretti a vivere per anni in baracche precarie, mentre i tempi della ricostruzione si prolungano a dismisura. Questo evento segna profondamente il territorio e ponte profondi interrogativi sulla gestione delle emergenze e sull’abbandono delle aree interne del Sud Italia. Nonostante il dolore e le difficoltà, il terremoto del Belice ha lasciato però anche un’eredità culturale. Gibellina, per esempio, è stata ricostruita in una nuova sede e arricchita da opere d’arte contemporanea, tra cui il famoso “Cretto di Burri”, un’opera di land art realizzata sulle macerie del vecchio paese e divenuta un simbolo della forza di una comunità capace di trasformare il lutto in espressione artistica e memoria collettiva.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".