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Il generale di Emanuele Aldrovandi messo in scena al Brancaccino di Roma

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il generale

“Tenente…siamo tutti colpevoli, fino a che non ci ribelliamo.”

Lo spazio teatrale Brancaccino di Roma ha ospitato, all’interno della rassegna di drammaturgia contemporanea “Spazio del Racconto”, giunta alla sua terza edizione, la messinscena de Il generale, un testo di Emanuele Aldrovandi allestito e interpretato da Ciro Masella.

Il teatro contemporaneo si affaccia spesso sui grandi temi di attualità come la guerra, il terrorismo, lo scontro di civiltà: per sua natura, però, purtroppo giunge in ritardo rispetto ad altri media, che possiedono il pregio della riproducibilità tecnica e della rapida distribuzione.

Il testo di Aldrovandi, invece, nonostante risalga ad otto anni fa non solo coglie l’attualità con disinvoltura imbarazzante, ma supera la sua (presunta?) natura politica per divenire riflessione filosofica e sociologica sull’uomo e il complesso rapporto con il potere, la pace, la supremazia collettiva e personale.

Il nucleo del dramma è incentrato su un generale che decide di combattere la guerra tramite una strana e personale idea di pacifismo: mandando a morire i propri soldati, rendendosi debole e mistificando le informazioni al punto da convincere il proprio tenente che le azioni insensate operate in battaglia siano frutto di sopraffine tattiche belliche di depistaggio.

Il generale porterà avanti la distruzione del proprio esercito per far vincere quei “selvaggi”, chiaro riferimento agli appartenenti ai movimenti paramilitari di stampo fondamentalista islamico, che non si mostreranno grati come crede, infrangendo il folle sogno di pace globale che nutre.

Le linee del racconto mostrano lo scenario di guerra dalla parte non del fronte ma degli uffici dove si decide del destino altrui. Concentrato sulla sua scrivania, il generale ha come unico contatto con l’esterno il proprio tenente, incaricato di trasmettere gli ordini del proprio superiore.

Anche se non li capisce.

Da qui si intreccia alla linea tematica principale un altro spunto interessante: nelle gerarchie, siano esse dell’esercito, dell’ufficio, della chiesa o dello Stato, il sottoposto critica il superiore ma si convince della validità delle azioni di quest’ultimo perché – per il suo più alto rango – di certo ne capisce più di lui. E il pecorismo dilaga, rendendo l’uomo schiavo delle decisioni altrui al punto di aderire vigorosamente agli ideali che neanche gli appartengono. Lo dirà una soldatessa della missione di pace, che dal basso supera le barriere per parlare direttamente con l’inarrivabile generale criticandone le scelte e le azioni.

La rivoluzione dal basso, dell’umile soldatessa al confronto del superiore, cela fini nobili: ribadire il concetto di civiltà, di ideale nazionale e di credo per il quale si decide di combattere la guerra con la guerra. Ma anche la presunta nobiltà d’animo della donna viene messa in discussione da ella stessa, che dentro di sé cede al fascino delle ipotesi complottiste e di tornaconto, finendo più per combattere per difendere i propri cari che per il bene nazionale.

Nel succedersi delle azioni si fa spazio l’idea che l’uomo sia asservito ai ranghi superiori, incapace spesso di discernere il buono e abile nell’usare la forza mascherandone il nome con la millantata pace delle missioni militari. Chiunque usi la guerra contro la guerra diverrà a sua volta carnefice in una spirale continua di distruzione.

Il tema politico dello spettacolo passa in secondo piano dinanzi alle sfumature sociologiche e filosofiche dello spettacolo, pur senza sminuirle, e intrecciando così densi pensieri sul sentire umano che ci si chiede se le riscritture dello spettacolo nel corso degli anni non abbiano contribuito a questa densa stratificazione.

Dal punto di visto scenico risultano efficaci le taglienti e metalliche scene di Federico Biancalani mentre la regia di Masella sa essere misurata tranne che nel finale che, seppur interessante nei toni che assume (ci ricorda alcuni scenari di Lynch) e nell’enfasi, necessita di essere raffinato tecnicamente.

Stilisticamente parlando, nota di merito a Masella per la capacità di addentrarsi in un personaggio così interessante come quello del generale.

testo di Maurizio De Benedictis

 

 

Pupi e Fresedde-Centro Nazionale di Produzione Teatrale-Firenze/Uthopia/tra Cielo e Terra

 

IL GENERALE

di Emanuele Aldrovandi

regia Ciro Masella

 

con Ciro Masella, Giulia Eugeni, Eugenio Nocciolini

 

scena Federico Biancalani

luci Henry Banzi

 

costumi Micol J. Medda/Federico Biancalani/Ciro Masella

suoni Angelo Benedetti cura di Julia Lomuto riprese Nadia Baldi

Segnalazione speciale per la nuova drammaturgia al Premio Calindri 2010

Testo vincitore del Premio Fersen alla drammaturgia 2013

Selezionato dal Teatro Stabile del Veneto per Racconti di guerra e di pace 2015