Il 15 novembre 2002 esce Il fischio del vapore, un disco realizzato a quattro mani da Francesco De Gregori e Giovanna Marini. L’apporto della Marini è più consistente di quello che potrebbe apparire e di quello che lei stessa tende ad accreditare quando dice che «In fondo io sono un ospite».
Un contributo non marginale
L’impronta del lavoro di una più intelligenti ed eclettiche autrici e interpreti della musica italiana (il termine “cantautrice” è riduttivo) è ben presente in tutto l’album e lo si nota subito dall’impostazione della voce di De Gregori che è nuova e diversa dal solito. C’è poi, sul piano strumentale e degli arrangiamenti, una reciproca contaminazione che sembra nascere dal divertimento della mescola, più che dallo studio a tavolino. Anche se le loro strade artistiche hanno avuto poche occasioni per intrecciarsi, i due si conoscono e si stimano da anni («Conosco Francesco da almeno trent’anni, quando lo ascoltavo o, meglio, ci ascoltavamo, al Folkstudio») e si sente. Pur essendo un disco realizzato in studio “Il fischio del vapore” ha, però, il calore, la spontaneità e la freschezza di una lunga jam session. Le sue tracce rimandano un’allegria interiore che fa bene al cuore. I brani sono quasi tutti “rubati” al fornitissimo canzoniere della tradizione popolare salvo due: “L’abbigliamento di un fuochista”, scritto dallo stesso De Gregori e già interpretato in duo con la Marini nell’album Titanic, e “Lamento per la morte di Pasolini”, composto di getto da Giovanna nei giorni successivi all’assassinio del regista-scrittore. Per la verità nella scaletta compare anche “I treni per Reggio Calabria”, una canzone della Marini che, però, è da considerare ormai definitivamente acquisita dal largo e capiente fiume della tradizione.
L’Italia dalla parte degli umili
Quello proposto dal disco è un lungo viaggio nella storia d’Italia vista dalla parte degli “umili”, scandita dai racconti, dagli umori, dai sentimenti e dalle passioni della cultura popolare. La narrazione recupera l’idea, inusuale per questi anni smemorati, che la storia non si nutre di intuizioni geniali, di capi azzeccati, di battaglie e di “colpi d’immagine”, ma con il suo incedere imperfetto si dipana tra passato, presente e futuro mettendo in collegamento ciò che è stato fatto ieri con quello che si farà domani. Uno dei valori aggiunti di questo lavoro è, però, proprio il suo non essere un’operazione di recupero calligrafico della tradizione. A partire dall’apporto della band elettrica che accompagna il cantautore in concerto, l’intero album tiene ben salde le radici nella musica d’oggi e la leggerezza che rimanda nasce proprio dalla consapevolezza di entrambi gli interpreti che «quando uno fa un disco non deve mettere un puntello nella storia». In più sembra di cogliere una reciproca fascinazione tra due personaggi così diversi che finisce per aggiungere suggestione..